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Giovedì, 12 Agosto 2021 11:35

Al telefono con Einstein

«Al telefono con Einstein» è stato pubblicato in Italia nell’aprile del 2021 dalla casa editrice Salani, ma è in realtà stato scritto nel 2018 da R. J. Gadney poco prima della sua morte. Scrittore, artista e accademico, Gadney ha tenuto lezioni nelle università più prestigiose al mondo e ha vinto un Bafta nel 1983, per una serie televisiva in sette parti su John F. Kennedy, interpretata da Martin Sheen.

Il 14 marzo del 1954, giorno del settantacinquesimo compleanno di Einstein, Mimi, che voleva telefonare alla farmacia, sbaglia le ultime due cifre del numero di telefono e si ritrova a parlare con Einstein. Dopo questo breve capitolo, nel quale si coglie la curiosità di Einstein per la sua nuova conoscenza, comincia la biografia del grande fisico: senza la pesantezza delle note a piè di pagina, contiene comunque lettere, articoli e discorsi nelle loro parole originali e numerose fotografie che, personalmente, non mi era mai capitato di vedere in precedenza, come le cartoline inviategli da Elsa, ad esempio. La biografia contiene molti particolari che non conoscevo, come la passione di Einstein per Ilse, la secondogenita di Elsa, oppure il premio Nobel di Ossietzky, proposto dallo stesso Einstein, il giornalista tedesco che si era opposto al neonato regime nazista ed era rimasto vittima di crudeli maltrattamenti.

Solamente alla fine del romanzo, scopriamo come la biografia potrebbe inserirsi all’interno della narrazione principale: Mimi deve preparare un progetto per la scuola e decide di realizzarlo su Einstein e di corredarlo di fotografie. Da qui nascono le domande e, quindi, la biografia che abbiamo letto poche pagine prima. Mimi Beaufort è nata a Greenwich e con la sorella minore Isabella ha frequentato il college di Princeton, dove entrambe si sono distinte nello studio della musica, la stessa abilità che le rende ospiti così gradite in casa Einstein. Il grande fisico non dev’essere solo grato per le ore di spensieratezza che le ragazze gli hanno regalato, ma, stando alla narrazione, per il ruolo che in qualche modo hanno avuto nell’interruzione delle indagini sul suo presunto comunismo. Al termine della sua vita, lascia in eredità alle sorelle la possibilità di realizzare il loro sogno: sarà proprio Einstein a pagare il viaggio e l’alloggio nel Regno Unito presso l’Accademia Reale di musica.

Il libro è scorrevole e alla portata di tutti, grazia alla prosa semplice, alle fotografie che rendono più leggera la lettura e alle citazioni che ci fanno cogliere la vera voce di Einstein: ha la precisione di una biografia e la leggerezza di un romanzo. Come dice Ian McEwan, nel commento che viene riportato nella quarta di copertina dell’edizione italiana, si tratta di «un romanzo originale e brillante», «ingegnosamente a cavallo tra verità storica e immaginazione». Non resta che dedicarsi alla lettura.

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Sabato, 07 Novembre 2020 18:32

La diva geniale

«La diva geniale», pubblicato da Piemme nel 2019, è l’ultimo romanzo di Marie Benedict pubblicato in Italia. Avvocato di New York, leggiamo sul suo sito che la sua passione per la storia l’ha spinta a scrivere di donne dimenticate dalla storia stessa, per riportarle alla luce del presente, ora che possiamo cogliere il peso dei loro contributi e apprezzare la loro visione dei problemi moderni. Per questo ha scritto La donna di Einstein, pubblicato nel 2017 e dedicato a Mileva Maric, e Lady Clementine, appena uscito e non ancora pubblicato in Italia, dedicato alla moglie di Winston Churchill, che comincia con l’episodio emblematico di Clementine che salva la vita del marito nel 1909.

Il romanzo «La diva geniale» è scritto in prima persona ed ha inizio nel maggio del 1933, quando Hedy Kiesler è protagonista dello spettacolo del Theater an der Wien di Vienna dedicato all’imperatrice Sissi e, tra il pubblico, Fritz Mandl ha già deciso che sarà sua. Impauriti dal potere di Mandl e dalle conseguenze alle quali potrebbero andare incontro se la figlia scegliesse di non frequentarlo, i genitori insistono perché lei accetti la sua corte e, dopo pochissimo tempo, la sua proposta di matrimonio: Hedy è affascinata da quest’uomo di potere, proprietario di una fabbrica di armi, amico di Mussolini, e, anche se il futuro marito le impone di ritirarsi dalle scene in cambio di una vita dorata e protetta, accetta la proposta. La vita dorata rivela tutte le sue insidie con il passare del tempo e dopo la morte del padre, mentre nuovi equilibri si stanno creando sulla scena politica austriaca, Hedy non si sente più protetta dal marito: a fine agosto del 1937, dopo aver pianificato per lungo tempo la sua fuga, Hedy riesce ad allontanarsi da Vienna e a raggiungere l’Inghilterra. Il fatto di aver lasciato la madre, che la raggiungerà in un secondo momento, e di aver taciuto tutte le informazioni sul Terzo Reich delle quali era venuta a conoscenza durante le cene organizzate dal marito, saranno per lei «un pesante segreto da espiare», una colpa che la spingerà, durante la seconda guerra mondiale, a collaborare con George Antheil, compositore incontrato a una festa a Hollywood. «Avrei preso tutto ciò che sapevo di quella forza maligna che era Hitler e mi sarei affilata come una lama. Poi avrei conficcato quella lama nel cuore del Terzo Reich.». Il suo viso perfetto ha incantato i registi di Hollywood, ma la sua intelligenza non era inferiore alla sua bellezza, visto che dopo aver cercato di ricordare le conversazioni delle lunghe cene organizzate dal marito, Hedy scrive tutto quanto ricorda: «In quegli appunti speravo di trovare la via dell’espiazione, una maniera di usare le informazioni segrete in mio possesso per aiutare le persone che avevo abbandonato.»

Nella nota conclusiva, Marie Benedict ci ricorda che «maneggiamo oggi un pezzo di storia delle donne», il telefono cellulare, perché il frequency hopping, inventato da Hedy e George per rendere i segnali irraggiungibili, si può trovare nel funzionamento dei dispositivi wireless così diffusi. «È un ricordo tangibile della sua vita, al di là dei film per i quali è più famosa».

La vicenda di Hedy Lamarr, conosciuta soprattutto come attrice e solo ultimamente riscoperta per le sue doti geniali, affascina e coinvolge: non si può non condividere il suo dolore per la morte del padre, non si può che restare con il fiato sospeso quando le frequentazioni con il marito la portano vicino a Hitler, non si può non fare propria la sua voglia di riscatto. Marie Benedict riesce ad andare oltre la superficie, oltre il ricordo di una donna superficiale e inquieta, per farci conoscere la sua genialità e la sua tenacia. Non possiamo che ringraziare l’autrice per questo ritratto così affettuoso e coinvolgente: finalmente un romanzo che restituisce alla figura di Hedy Lamarr il suo giusto peso nella storia.

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Giovedì, 14 Febbraio 2019 09:02

Einstein e io

«Einstein e io», pubblicato per Salani nell'autunno del 2018, è l'ultima fatica di Gabriella Greison. Fisica, attrice e giornalista, la Greison ha fatto della divulgazione la sua missione: la fisica del Novecento e il ruolo delle donne nella scienza sono i suoi cavalli di battaglia e in questo libro si coniugano armonicamente. Il romanzo è scritto in prima persona, immaginando che il punto di vista sia quello di Mileva Maric, dal suo arrivo al Politecnico di Zurigo fino alla separazione da Einstein. Inizialmente al centro della scena c'è Mileva, con la sua tenacia e le sue ambizioni, ma chiusa nel suo mondo, fatto di numeri, di obiettivi da raggiungere e povero di relazioni. Albert Einstein pian piano riesce ad abbattere le sue difese e a far breccia nel suo cuore: con il suo essere fuori dagli schemi e la sua irriverenza, in un primo momento la indispone, ma è proprio la sua perseveranza che la conquista. «Gli scambi intellettuali tra di noi continuarono, aumentando esponenzialmente fino alla fine del secondo semestre. Avevamo gli stessi stimoli, le stesse idee, portavamo avanti pensieri e teorie, cercando gli autori più disparati per trovare conferma delle nostre congetture. Eravamo perfetti insieme. E l'infinito non mi faceva più paura.» Mileva tenta di fuggire andando all'università di Heidelberg, ma Einstein mantiene un contatto epistolare e al suo rientro a Zurigo, necessario vista l'impossibilità per una donna di laurearsi in Germania, il magnetismo che li aveva attratti fin dall'inizio compie la sua opera. «Era una spirale, Albert. E io ci ero finita dentro.» Le lettere che si scambiavano ci mostrano un Einstein innamorato, che però continua a mettere al primo posto la fisica e le sue riflessioni sulle nuove scoperte, che con il tempo sfoceranno nelle pubblicazioni del suo «Annus mirabilis». È proprio durante il lavoro agli articoli che il rapporto tra i due comincia a incrinarsi: mentre all'inizio Mileva è la spalla di Albert, aiutandolo con i calcoli, le ricerche e la stesura in bella copia degli articoli, in un secondo momento Albert si appoggia all'amico Michele Besso, che lo affianca anche all'Ufficio Brevetti di Berna. Sempre più consapevole di non riuscire a tenere il passo con gli studi del marito, delusa per non aver raggiunto i propri obiettivi, Mileva si incattivisce, tanto da non piacere più nemmeno a se stessa. «Non eravamo più una clessidra che si ricaricava incessantemente, un sistema in cui l'energia passava da uno all'altra. La clessidra ormai era stata bloccata in una posizione e la mia metà sarebbe rimasta per sempre vuota.» Mentre Einstein, astro nascente della fisica, acquista sempre più splendore, Mileva si spegne nella quotidianità della vita casalinga, delusa, forse incattivita, abbandonata a se stessa, impegnata nella gestione dei figli, uno dei quali estremamente problematico. La narrazione è gestita con originalità: anziché essere numerati, i singoli capitoli sono indicati con simboli scientifici o formule, spiegati al termine del libro: è l'occasione per affacciarsi sulle profondità della fisica. Come già era successo con il libro «Sei donne che hanno cambiato il mondo», Gabriella Greison associa l'ascolto di una canzone ad ogni capitolo, ma in questa occasione va anche oltre: consiglia, «prima (o durante) la lettura di ogni capitolo, di bere un bicchiere di vino» (consiglio che non ho ritenuto opportuno seguire, visto che ho letto il libro abbastanza in fretta). Il punto di vista di Mileva è preponderante durante la prima parte, fino alla nascita del primo figlio legittimo, che più o meno coincide con le pubblicazioni del marito: da questo momento, al centro della scena c'è solo Albert, che si impone al mondo scientifico con le sue innovazioni. Mileva riporta i successi del marito e i dialoghi, che non sono vissuti in prima persona, ma riportati dai racconti di Einstein. È in questa ultima parte e in particolare nei dialoghi che si nota di più l'influenza della biografia di Isaacson, dalla quale è tratta anche la prima stagione della serie «Genius». Il romanzo ha una certa leggerezza, visto che non sono descritte le profondità scientifiche di cui Einstein è ideatore, ma consente un primo approccio alla figura del grande fisico, grazie anche alle numerose lettere originali che arricchiscono la narrazione.
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Domenica, 30 Settembre 2018 14:19

Nel mondo dei frattali

«Nel mondo dei frattali» è stato pubblicato nel 2001 nella collana “I dialoghi” della Di Renzo Editore: nato da un’intervista dell’editore Sante di Renzo e grazie alle sue domande Benoit Mandelbrot sviluppa con sistematicità la materia oggetto della sua ricerca e ci racconta la sua vita. Il nome di Mandelbrot è davvero strettamente connesso ai frattali, questi oggetti a metà tra la geometria e l’arte, ai quali lui stesso ha dato il nome, nel 1975: «Il mio sogno era decisamente romantico: trovare un qualche ordine in un campo – anche insignificante – dove chiunque altro aveva visto solo caos!». Mandelbrot ha lavorato dal 1974 al 1993 presso l’IBM, dove, in quanto «ribelle della scienza» ha potuto trovare un ottimo ambiente, «migliore di qualsiasi dipartimento universitario, sia francese che americano». È stato membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana e ha ricevuto numerosi riconoscimenti, nel corso della sua carriera, tra i quali nel 1993 il Wolf Prize per la fisica.

Il libro è il racconto della sua vita, ma non solo: la nascita a Varsavia, la fuga in Francia per scampare ai nazisti e, dopo gli studi universitari a Parigi, la borsa di studio al Caltech e il lavoro all’IBM sono le tappe che hanno caratterizzato la vita di Mandelbrot, ma c’è dell’altro, come la sua propensione, fin da subito, a risolvere i problemi con l’aiuto della geometria, prima ancora di svolgere i calcoli. Il suo trionfo, i frattali, non sono stati una scoperta immediata, sono piuttosto il frutto di una lenta e graduale maturazione: «Ho concepito, sviluppato e applicato in tanti ambiti una nuova geometria della natura, una geometria che trova ordine nelle forme e nei processi caotici.» Questa geometria era già nata prima di lui, ma non è realmente esistita fino a quando lui non l’ha concepita, dandole un nome nel 1975 e così i frattali, prima considerati «qualcosa di mostruoso, di non intuitivo, bizzarro e impossibile», una volta disegnati a pc, una volta fatta emergere l’«impressionante armonia» che li caratterizza, diventano qualcosa di unico e irrinunciabile, visto che «la geometria frattale, oltre ad essere stata la fonte di nuovi sviluppi matematici, si è resa indispensabile in varie scienze e ha rappresentato il punto di partenza di una nuova arte per amore della scienza». E così, i corsi dei fiumi, le linee di costa, le galassie, la biologia… vengono descritti dalla geometria frattale, perché «le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le costiere non sono cerchi e la corteccia non è liscia, né la luce viaggia su una linea retta».

Il libro è molto breve, ma aiuta a entrare in questo argomento così intrigante: la lettura è stata davvero interessante e, per quanto non entri nello specifico con le definizioni matematiche, aiuta a capire cosa siano i frattali. La vicenda umana di Mandelbrot è affascinante ed è anche per questo che consiglio a tutti questa breve lettura: l’autore desiderava «una matematica più vicina alle forme del reale» e… è riuscito a costruirla!

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Giovedì, 16 Agosto 2018 11:29

Galileo reloaded

«Galileo Reloaded», pubblicato nel 2018 da Egea, è una biografia di Galileo Galilei scritta da Luciano Canova, economista, insegnante di economia comportamentale presso la Scuola Enrico Mattei, collaboratore con diverse testate di divulgazione e autore di «Pop economy. #Gamification #Crowdfunding #Big Data. Tecnologia, scienze sociali e innovazione» per Hoepli.

Sarebbe riduttivo definire questo libro una biografia di Galileo Galilei: è innanzi tutto un’occasione per «trovare rispondenze tra un passato che fu e l’oggi che andiamo scoprendo», grazie alla convinzione che sia «di estrema attualità parlare di Galileo in un’Italia in cui lo spirito antiscientifico comincia a essere qualcosa di più di un fastidioso spiffero.» D’altra parte, è bello parlare di Galilei, perché «è così maledettamente umano, con tutte le sue nevrosi, piccole ossessioni e la sua adorabile e cieca cocciutaggine»: era nato per litigare, con «la sua ironia mordace, il suo sarcasmo feroce», «appassionato, ironico, divertente, ma pure irascibile, intrattabile coi più, a volte odioso». Il ritratto che Canova tratteggia è a tinte forti: l’autore non ha paura di definire luci e ombre del grande scienziato, rendendolo più vero, più vicino a noi, pur nella sua genialità. Galileo è a tutti gli effetti un outlier, un valore anomalo in una distribuzione di valori, perché «orgogliosamente a sé stante» per tanti aspetti.

Galileo viene innanzi tutto definito un «drop-out ante litteram, un irrequieto come alcuni startupper in cerca di fortuna che mollano gli studi per lanciare la loro impresa», perché in effetti Galilei, poco più che ventenne, ottiene un insegnamento all’Università di Pisa senza avere una laurea. Lo scienziato è un mago del self-marketing, vista la sua abilità nel vendere le proprie abilità prima nei salotti fiorentini e poi per poter entrare all’Università di Padova: in altre parole è un «social media manager ante litteram», che saprebbe usare Facebook meglio di tanti, sfruttando il ruolo degli influencer. Insomma, Galilei deve destreggiarsi tra il mobbing di Urbano VIII, mentre, vittima di una fake news, tende a difendersi come un leone da tastiera, per poi abiurare quando si rende conto che tutto è perduto.

Denso di inglesismi, considerato che alcuni termini non hanno traduzione in italiano, il testo rende ragione del titolo, visto che reloaded significa aggiornato. Canova ci guida nell’Italia del Seicento con immagini bellissime, parlando ad esempio della rivoluzione copernicana come di «una lettera di sfratto recapitata al pianeta Terra per un trasloco immediato dal centro alla periferia indistinta dell’universo» e scuotendo a volte il lettore con un’inaspettata risata.

Un testo breve, ma ricco: dal contesto storico alla vita di Galileo, l’autore ci conduce per mano in un confronto sferzante con il ruolo della scienza in Italia oggi. Un libro adatto soprattutto agli studenti delle superiori: il linguaggio è moderno e Galileo Galilei non è il barbuto professore che tuona dalla cattedra, ma un compagno come tanti, anche se il più bravo di tutti, che smanetta al computer e ci insegna tutti i trucchi. Un libro per gli insegnanti, perché imparino a trovare un linguaggio moderno per esprimere concetti antichi, rendendo accessibile il passato pur tenendo i piedi nel presente.

 

«È un attimo, la felicità. Lo stacco incosciente in cui la paura diventa speranza, confermando un’intuizione che non sai dove hai preso. E a quel punto il tempo comincia a correre velocemente: aspetti fremente che il cielo si muova, che arrivi di nuovo domani, che non piova e sia possibile vedere ancora.»

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Mercoledì, 20 Giugno 2018 17:49

Radioattività in famiglia

«Radioattività in famiglia» è uno dei libri della collana “Donne nella scienza” di Editoriale Scienza: scritto da Simona Cerrato e illustrato da Grazia Nidasio, è stato pubblicato nel 2003. Simona Cerrato, che ha vinto il premio Andersen nel 2006 con il libro «L’universo di Margherita», anch’esso pubblicato con Editoriale Scienza, mostra tutta la sua abilità nel raccontarci, in prima persona, la vita di Marie Curie: la sua laurea in fisica le consente di trattare con competenza l’aspetto scientifico della vicenda, mentre la sua esperienza con la divulgazione scientifica è una garanzia di semplicità e chiarezza.

La vicenda si apre con la conferenza Solvay di Bruxelles del 1933, nel corso della quale Irène e Frédéric Joliot-Curie vengono attaccati da Lise Meitner: Irène è arrabbiata e ferita, minaccia di abbandonare lo studio della fisica e sembra proprio di sentire la vera Marie, che la sprona ad andare avanti, «Non ti scoraggerai mica alla prima difficoltà… Se si sbaglia si deve avere il coraggio e la forza di ricominciare. La scienza è così, ed è anche una gara a chi arriva primo. Certo la cosa più importante, il motore che ci spinge ad andare avanti giorno dopo giorno, è il desiderio di capire e conoscere sempre meglio la natura.» Alle proteste di Irène che, come tutti i figli, non riesce a vedere la propria madre come una persona completa, con tutte le sue luci e le sue ombre, ma vede solo la scienziata di successo che, apparentemente, non ha dovuto affrontare nessuna difficoltà, Marie risponde raccontandole la sua vita, i suoi successi ma anche i suoi fallimenti. Il racconto viene chiuso dalla stessa Irène: l’autrice immagina una sua lettera alla madre, una lettera che racconta il seguito della storia, con il premio Nobel conquistato anche da Irène e dal marito, l’anno dopo la morte di Marie Curie. L’ultimo paragrafo è il racconto di Hélène, la figlia di Irène: anch’ella scienziata, anche se non nota come la madre e la nonna, racconta la morte della madre.

Come gli altri libri della collana, anche «Radioattività in famiglia» si chiude con degli approfondimenti: alcune foto, alcune brevi notizie biografiche di scienziati contemporanei, piccoli approfondimenti sulla teoria atomica e la radioattività, alcuni documenti di Pierre e Marie, tra i quali i discorsi al conferimento del Premio Nobel, ed infine un’intervista a Elisa Molinari, all’epoca della pubblicazione del libro Direttrice del Centro Nazionale sulle NanoStrutture e i BioSistemi sulle Superfici di Modena.

Il libro è dedicato ai ragazzi delle medie, ma la lettura è consigliata davvero a tutti: lo stile leggero e la necessaria semplificazione non sminuiscono la vicenda unica e straordinaria di una donna che nessuno può permettersi di ignorare.

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Sabato, 21 Aprile 2018 22:21

L'universo di Margherita

«L’universo di Margherita» è uno dei libri della collana “Donne nella scienza” di Editoriale Scienza: scritto da Simona Cerrato e illustrato da Grazia Nidasio, ha vinto il premio Andersen 2006 come miglior libro di divulgazione. La presenza attiva della protagonista nella redazione del libro contribuisce a rendere ancora più efficace il racconto, che ci trasmette tutta l’originalità di questa grande scienziata. La sua vita scolastica, negli anni di forza del fascismo, l’incontro con Aldo e l’iscrizione a fisica, dopo aver inizialmente scelto lettere, portano la Hack, nel 1945 – all’indomani della laurea – a perseguire quella che sembra un’enorme ambizione, l’idea di vincere una cattedra e diventare direttore di un osservatorio. Una donna semplice, ma tenace, che trova la sua forza nell’uomo che ha avuto accanto per tutta la vita e che l’ha spronata a dare il meglio in ogni situazione.

Lo stile semplice della Cerrato ben si sposa con la figura della Hack, così essenziale e senza fronzoli: aiuta i ragazzi, principali destinatari dell’opera, a comprendere fino in fondo l’importanza di questa figura, che tanto ha contribuito alla crescita dell’astronomia in Italia.

La lettura è stata davvero interessante, perché, nella sua semplicità, mi ha permesso di cogliere tratti della figura della Hack che non conoscevo. Consiglio la lettura ai ragazzi, ma anche a tutti coloro che vogliono incontrare per la prima volta una figura di spicco della scienza italiana.

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Sabato, 21 Aprile 2018 21:26

La forza nell'atomo

«La forza nell’atomo» è uno dei titoli della collana “Donne nella scienza” di Editoriale Scienza: si tratta di una serie di «ritratti complessi e appassionanti» di donne che diventano «uno stimolo e un modello in cui riconoscersi». Non poteva, quindi, mancare Lise Meitner, descritta e raccontata in modo da essere comprensibile anche per i ragazzi delle medie. L’autrice, Simona Cerrato, è laureata in fisica e, grazie anche alla sua preparazione, riesce a trovare le parole giuste per descrivere l’importanza dei lavori della scienziata, mentre le illustrazioni di Anna Curti aiutano la fantasia dei più piccoli, regalando una storia nella storia attraverso le immagini.

Il racconto, in prima persona, ci permette di rivivere una pagina della storia europea, tra le più dolorose, con le persecuzioni antisemite e la seconda guerra mondiale. La storia inizia con la fuga della Meitner, che, abbandonando Berlino nel luglio del 1938, ripensa al proprio percorso come scienziata, iniziato trent’anni prima: «Allora ero solo una giovane fisica appassionata: avrei fatto qualunque sacrificio, avrei lavorato anche in una stalla pur di fare fisica, pur di avere un laboratorio.»

Lo stile dell’autrice è leggero, ma non banalizza la vicenda: sembra di sentire la voce della Meitner, come fosse una nonna che racconta la propria vita ai nipoti, un “granello di polvere” – così l’avevano soprannominata in famiglia per la sua corporatura minuta – che è riuscito a cambiare il corso della storia, con la propria tenacia e la propria forza. La lungimiranza di papà e mamma che, in un’epoca in cui il percorso universitario è praticamente impossibile per le donne, la sostengono in ogni modo, l’incontro con Ludwig Boltzmann, che diventa per lei un maestro di vita, l’arrivo a Berlino e la stima di Planck, che, nonostante creda che la scienza non sia un’attività per donne, le permette di cominciare la sua carriera accanto a Otto Hahn, un chimico suo coetaneo: gli ingredienti della storia di Lise sono tanti, ma non sono certo frutto della fortuna o del caso. La vita di Lise è anche attraversata dalla tragedia del nazismo che, in parte, contribuirà a compromettere la sua carriera scientifica, non consentendole, a causa della fuga e del comportamento non certo pulito di Hahn, di ottenere il meritato Premio Nobel. Durante la lettura, sembra di sentire l’amarezza di Lise e la sua tristezza, nel dover ricominciare da zero dopo la fuga da Berlino, ci viene trasmessa non solo con le parole ma anche con le immagini, come la splendida pagina in cui Lise guarda la sua valigia, appoggiata su una sedia: «Non puoi renderti conto di che cosa significhi per me, una signora di sessant’anni, vivere in una stanza d’albergo da ormai nove mesi!»

Questo libretto riesce a farci toccare con mano tutta la forza che è stata necessaria per emergere in un mondo governato da uomini, tutta la resilienza che la Meitner ha dovuto mettere in gioco per superare le delusioni che hanno costellato la sua vita, tutta l’importanza di una scoperta scientifica che è nota più che altro per aver reso più spedito il cammino verso la bomba atomica.

Consiglio la lettura di questo libretto non solo ai ragazzini delle medie: rileggere storie importanti come questa con un linguaggio semplice ci permette di capirle meglio, senza sminuirne l’importanza.

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Martedì, 08 Luglio 2014 20:18

Il teorema vivente

TRAMA:

Da otto anni all’École Normale Supérieure di Lione, a marzo del 2008 Cédric Villani decide di dimostrare l’equazione di Boltzmann non omogenea. Fin dalle prime pagine, appare evidente che la matematica si costruisce grazie al confronto con gli altri matematici: Clément Mouhot, al quale sette anni prima ha “messo il piede nella staffa”, suggerisce a Villani di usare lo smorzamento di Landau e Étienne Ghys, forse il miglior conferenziere di matematica al mondo, suggerisce il collegamento con la KAM, ovvero la teoria Kolmogorov-Arnold-Moser.

Anche le piccole intuizioni vanno dimostrate e la strada è davvero lunga. Gran parte del lavoro verrà svolto, a distanza, da Villani e Mouhot, in un confronto continuo, gestito via posta elettronica. Con l’inizio dell’anno nuovo, Cédric Villani si trasferisce infatti a Princeton per sei mesi, per consacrarsi interamente ai propri “amori matematici”. L’invito arriva al momento giusto, dato che un soggiorno a Princeton significa “nessun libro, nessun incarico amministrativo, nessun corso”, ovvero Villani potrà dedicarsi alla matematica senza distrazioni.

Due mesi prima, Villani ha ricevuto la nomina come nuovo direttore dell’Institut Henri Poincaré: da un lato sarebbe una sfida stimolante, dall’altro ha paura di restare schiacciato dagli impegni amministrativi, oltretutto la moglie, Claire, ha ricevuto una proposta di lavoro allettante nei corsi dottorali in geoscienze dell’Università di Princeton. A fine febbraio, Villani riceve una mail dall’IHP, proprio quando ormai ha deciso di rifiutare l’offerta della dirigenza: decide di tornare in Francia alla fine del mese di giugno, visto che hanno accettato tutte le condizioni che lui aveva imposto.

Il lavoro con Mouhot è, a tutti gli effetti, un lavoro di squadra: quando uno è titubante, è l’altro che trascina, quando uno è pessimista, l’altro fa l’ottimista e quando, a marzo, Clément ha una nuova idea, Cédric sente la paura che il suo subalterno lo stia superando. Il lavoro è diventato più intenso, con un centinaio di mail scambiate a febbraio e il doppio a marzo. Con la modifica numero 36, Clément e Cédric sono a quota 130 pagine, ma c’è ancora parecchio da fare: “Ci sono talmente tante cose sulle quali dovrei concentrarmi che lavoro fino alle due di mattina da diversi giorni”. E il tempo incalza: “annuncio il risultato a Princeton tra due giorni…”, “la dimostrazione è corretta almeno al 90 % e tutti gli ingredienti significativi sono stati identificati”. L’accoglienza è polemica, ma le critiche permetteranno al lavoro di progredire più rapidamente: bisogna “mettersi in posizione vulnerabile per diventare più forti”.

È arrivato anche l’ultimo giorno a Princeton, il 26 giugno: siamo “riusciti a far stare in piedi la dimostrazione, abbiamo riletto tutto. Che emozione quando abbiamo messo on line il nostro articolo!”. A fine giugno, Villani è a Lione, per prendere le proprie cose e cominciare come direttore all’IHP dal primo luglio: “Il lavoro effettuato a Princeton mi ha trasformato, come un alpinista di ritorno a valle che ha ancora la testa piena delle cime che ha esplorato. La sorte ha deviato la mia traiettoria scientifica a un punto tale che non potevo immaginare sei mesi fa.”

A ottobre, ottiene la risposta dalla rivista Acta Mathematica, la “rivista di ricerca matematica che molti considerano come la più prestigiosa di tutte”: l’editore non è convinto che i risultati riportati nel mastodontico articolo di 180 pagine siano definitivi e quindi lo rifiuta. Villani è disgustato. Nonostante contemporaneamente riceva la notizia di aver vinto il premio Fermat, questo non basta a compensare la frustrazione del fallimento.

All’ennesima critica, Villani decide di riprendere tutto in mano e così, a fine novembre, è “Tutto rifatto, tutto semplificato, tutto riletto, tutto migliorato, tutto riletto ancora una volta.”

A febbraio del 2010, mentre Villani è impegnato nella riorganizzazione dell’ufficio, riceve la telefonata di László Lovász, il presidente dell’Unione matematica internazionale che gli comunica la vittoria della medaglia Fields, che Villani accetta con entusiasmo, promettendo di mantenere il segreto per sei mesi. La medaglia gli viene conferita a Hyderabad, in India, il 19 agosto: “Circa tremila persone mi acclamano nella gigantesca sala conferenze dell’hotel di lusso che ospita il Colloquio internazionale dei matematici, annata 2010.”

A febbraio del 2011, finalmente l’articolo è accettato anche da Acta Mathematica!

 

“Non ha prezzo un sentiero senza illuminazione! Quando non c’è la luna, non si ha neanche una visibilità di tre metri. Il passo accelera, il cuore batte un po’ più in fretta, i sensi restano sul chi vive. Uno scricchiolio nei boschi fa drizzare le orecchie, ci si dice che la strada è più lunga del solito, ci si immagina un malintenzionato in agguato, ci si trattiene a malapena dal mettersi a correre. Questa galleria buia è un po’ come la fase buia che caratterizza l’inizio di un progetto matematico.”

 

COMMENTO:

Un libro che non può mancare nella biblioteca di un insegnante di matematica: l’avventura di Villani è l’avventura di chiunque voglia convivere con la matematica, a qualsiasi livello. Il cammino di “scoperta” del teorema è il cammino di chiunque voglia risolvere un problema: le false partenze, le fatiche, le vittorie, i momenti di stanchezza, le paure, l’entusiasmo, la passione… non manca nulla!

Per gli alunni leggere questo libro potrebbe essere un’illuminazione, un modo per comprendere, finalmente, che la matematica è un’avventura, un percorso a volte accidentato e pieno di ostacoli, ma ricco di soddisfazioni. E il matematico, al contrario di quanto pensa l’alunno medio, non è colui che non fa fatica, ma colui che riesce a mettere la propria passione al di sopra della fatica.

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Martedì, 17 Giugno 2014 09:02

La vita perfetta di William Sidis

TRAMA:

Nato nel 1898, William Sidis è figlio dello psichiatra russo Boris Sidis e di Sarah Mandelbaum, medico ucraino. I genitori lo allevano in modo che possa sviluppare le proprie potenzialità solo replicando ciò che osserva fare, ovvero gli danno “un’educazione volta a stimolare le comuni e naturali attitudini all’attività intellettuale che tutti i bambini hanno.” A un anno, gioca con i cubi leggendo nuove parole e scrivendo ciò che gli detta il padre, a tre è esibito per far divertire ricche signore e come regalo al padre, impara il latino.

A 8 anni frequenta il liceo, che conclude dopo sole 12 settimane, avendo passato i test di selezione per l’università, ma la vita a scuola non è semplice: i compagni lo prendono in giro e gli insegnanti non riescono a instaurare un rapporto con lui, visto che si sentono controllati. A ottobre del 1909 fa il suo ingresso a Harvard e tra i compagni solo con Sharfman instaura un legame di amicizia, mentre evita tutti gli altri. Al termine del percorso si laurea in giurisprudenza, con il sogno di migliorare il mondo, ma la madre è molto delusa visto che si è laureato solo “cum laude”. Ad Harvard gli è stato offerto il corso di geometria, ma il rapporto con gli studenti non è facile, soprattutto quando distribuisce loro delle dispense in greco antico.

A 21 anni, incontra Martha Foley, della quale si innamora: organizzano insieme una manifestazione per il primo maggio e, rimasto ferito durante i tumulti, William viene arrestato. Per salvarlo dal carcere, i genitori lo fanno dichiarare mentalmente instabile. Resta a lungo sotto il loro controllo e, quando riesce a fuggire, contatta Martha, che ormai si è costruita una vita.

Nella sua vita da adulto, William non ha grandi successi: lavora per un po’ di tempo in un posto, fin quando non si accorgono delle sue doti e cercano di proporgli un impiego che sia più adeguato alle sue capacità. Allora si licenzia e cerca altro da fare.

Un giorno, si sente male per strada, ma rifiuta i soccorsi e, ricoverato al Brigham Hospital, muore solo per un’emorragia cerebrale.

 

COMMENTO:

Il romanzo non segue uno sviluppo cronologico: l’autore ci presenta il personaggio come se stesse componendo un puzzle, mostrandoci William in tutte le sue contraddizioni. All’inizio questo metodo disorienta un po’, dà un’idea di frammentarietà, ma abituandosi allo stile, pagina dopo pagina, si finisce con l’apprezzarlo. William Sidis ci sconcerta con le sue contraddizioni, ci stupisce con la sua genialità, ma ci lascia una grande amarezza, perché non riesce a costruire nessun rapporto umano, tranne quello con l’amico di Harvard Sharfman. E i genitori? Il loro atteggiamento non può che interrogarci: esiste davvero un modo adeguato per crescere un genio? C’era davvero la possibilità, per lui, di vivere una vita normale? Anche se sembra difficile rispondere, i genitori continuano a sembrarci un modello di egocentrismo e narcisismo… 

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