Daniela Molinari

URL del sito web: http://www.amolamatematica.it
Martedì, 06 Agosto 2013 08:13

Le domandone di Zio Pippuzzo

TRAMA:

La storia che Leonardo Tortorelli narra in questo libro è ambientata negli anni trenta del secolo scorso, in un piccolo borgo salentino di nome Casamassella, a pochi chilometri da Otranto. I personaggi del libro sono realmente esistiti o in ogni caso l’autore si è ispirato a gente realmente vissuta a Casamassella fra le due guerre. Protagonisti del libro sono Torto-Prof., alter-ego dell’autore, insegnante di matematica e fisica in un liceo scientifico e Zio Pippuzzo, vera star del libro, un simpatico ubriacone sulla cinquantina, con una grande passione per il Primitivo di Manduria e per il cibo; vive ancora con l’anziana madre, Nonna Astolfa e con Ugo, un grasso caprone, che è stato allevato in casa ed è aggressivo e dispettoso nei suoi confronti.

Obiettivo dello Zio Pippuzzo è sempre quello di scroccare un po’ di vino e decide quindi di vincere una scommessa per avere in premio una bottiglia. La domanda che sfrutterà per vincere la bottiglia sarà “Lo zero è un numero pari o dispari?”. In tal caso, però, deve conoscere la risposta e, incontrando Torto-Prof. gli chiede una spiegazione: il professore, oltre a soddisfare la sua curiosità, ne approfitta anche per tratteggiare una breve storia della cifra.

Il secondo intervento della matematica (protagonista non dichiarata del libro) è per salvare Zio Pippuzzo dalle ire di Nonna Astolfa: il caprone Ugo ha fatto i propri bisogni sul tappeto preferito di Nonna Astolfa, un tappeto quadrato ottenuto cucendo insieme varie forme geometriche. Zio Pippuzzo, per timore che la madre incolpi lui del disastro, decide di tagliare il tappeto lungo le cuciture, di buttare il pezzo irrimediabilmente macchiato e ricucire tutto in modo da ottenere un nuovo tappeto sempre quadrato, seppur un po’ più piccolo.

In quanto appassionato di vino, Zio Pippuzzo ha sempre un contenzioso aperto con Giuanni Puticaro, l’oste del paese, che per valutare l’entità del debito si serve dei logaritmi, che poi Torto-Prof., prontamente, spiegherà allo zione per dimostrargli che il calcolo dell’oste è giusto. Ma nella sua contesa con l’oste, Zio Pippuzzo ha anche un momento di gloria: siccome Giuanni ha dichiarato che fino al pagamento del debito non finanzierà più le bevute dello zione, questi si ritrova nella condizione di recuperare in fretta e furia del contante. Per questo motivo, decide di derubare l’abitazione più sfarzosa di Casamassella, ovvero il Castello dei Marchesi De Marco. Ma una volta uscito con la refurtiva, incontra Torto-Prof. e a lui confessa il suo furto in lacrime. Per aiutarlo a risolvere i suoi problemi, Torto-Prof. suggerisce a Zio Pippuzzo di trasformare il suo debito in un credito, utilizzando il valore assoluto. Per questo lo zione restituisce il maltolto. Il giorno dopo, però, si sente in colpa per quello che ha fatto, perciò decide di andare a confessarsi da Fra’ Cicciuzzo il quale, come penitenza, è abituato ad assegnare giochi matematici da risolvere, vista la propria passione per Luca Pacioli, che cerca di emulare.

Conoscere la matematica è utile anche per non farsi imbrogliare: Zio Pippuzzo a volte lavora per Vito Cappuccio, il becchino del paese. Spesso capita che Vito convochi Zio Pippuzzo inutilmente, giusto per precauzione e quando lo zione rivendica il proprio compenso, il becchino risponde: “Tot denari al giorno disponibili diviso zero cadaveri scarrozzati, fa zero denari e quindi non ti spetta nulla. È matematica no? La matematica non è un’opinione!”, ma lo zione non è convinto di una simile risposta. Perciò decide di consultare Torto-Prof., il quale gli spiega per bene l’argomento.

L’ultima questione è sottoposta, in forma di scommessa, da Giuanni Puticaro a Zio Pippuzzo: se lo zione risponderà correttamente, l’oste gli regalerà una botte di Primitivo, ma se non riuscirà a rispondere, sarà debitore di tre mesi di duro lavoro nell’osteria.

 

COMMENTO:

Quella proposta da Leonardo Tortorelli è una storia davvero gradevole: i personaggi sono descritti con dovizia di particolari ed in modo realistico e il protagonista, Zio Pippuzzo, possiede una forte carica di simpatia. Il libro, inoltre, è corredato da numerose immagini, come istantanee della vicenda: questo aiuta a vedere i personaggi con gli occhi dell’autore, perché sono stati tutti realizzati in terracotta lavorata e decorata a mano da Antonella Merico. I quesiti proposti sono semplici, alla portata di un qualsiasi studente di scuola media, ma sono un invito ad impegnarsi un po’, anche se le spiegazioni alla fine del libro permettono anche ai più pigri di accedere alle soluzioni. È davvero consigliatissimo: le risate sono assicurate e, forse – per riflesso – anche la matematica apparirà meno ostica al termine della lettura.

Martedì, 06 Agosto 2013 08:12

Sul limitare della fisica

TRAMA:

L’autore, Roberto Fieschi, esplora il legame della fisica con le altre scienze, ma parte dalla bellezza di questa scienza, così difficile da cogliere, visto il suo complesso linguaggio.

La fisica cerca spiegazioni causali a fenomeni naturali ed è una conoscenza sempre in divenire. Fieschi esordisce esaminando il rapporto tra tecnologia e fisica: da un lato, la fisica apre la strada alla tecnologia, come dimostrano la scoperta della radiazione cosmica di fondo, la scoperta di Kapitsa del comportamento anomalo dell’elio a basse temperature e la scoperta dell’elettrone, dovuta alla tecnica del vuoto. Per contro, la tecnologia permette il progresso della fisica: per secoli, la tecnica ha preceduto la scienza, come dimostrato dall’industria tessile e dagli sviluppi della macchina a vapore. Solo nella seconda metà dell’Ottocento lo studio dei fenomeni elettrici ha cambiato le cose: le scoperte teoriche sono diventate il fondamento delle telecomunicazioni e senza lo sviluppo della chimica, non ci sarebbero stati i reattori nucleari.

Nella seconda parte del libro, Fieschi parla del rapporto della fisica con le altre branche della scienza: comincia con l’astrofisica e con i suoi nuovi e potenti strumenti di indagine, procede con la geofisica, che impiega le tecniche e i metodi della fisica per studiare i fenomeni terrestri e che grazie alla radioattività ha potuto determinare in modo più preciso l’età della Terra, studiandone anche la deriva dei continenti. Numerosi sono i fisici che hanno dato importanti contributi alla biofisica e alla genetica: Mendel, Schrödinger, Gamow, Delbrück e Dulbecco, appassionato di fisica fin dall’adolescenza. Nel campo della medicina, la fisica viene applicata sia in ambito diagnostico che per la terapia: raggi X, TAC, risonanza magnetica, PET, ecografia e ultrasuoni sono le tecniche che le scoperte fisiche hanno messo a disposizione della medicina. Non solo le nuove tecniche, ma anche i materiali, sconosciuti fino a duecento anni fa, hanno cambiato il nostro mondo: grazie a solide conoscenze scientifiche, abbiamo a disposizione numerosi e nuovi materiali.

Matematica era la mente di von Neumann – che però ha dato contributi di altissimo livello anche alla fisica – che realizzò il primo calcolatore nel 1944, ma fisico fu l’inventore del World Wide Web, Berners-Lee, previsto in un protocollo redatto nel 1989 al CERN di Ginevra, in collaborazione con Cailliau. La fisica ha un ruolo centrale anche nell’economia, visto che la capacità di elaborare modelli, l’attitudine a manipolare quantità di dati e l’abilità con gli strumenti informatici, ha portato a introdurre il termine “econofisica”.

Parte della storia della fisica è occupata dal capitolo riguardante il rapporto tra la fisica e gli armamenti, visto che molti dei progressi della fisica sono avvenuti per realizzare nuove armi: per quanto l’osservazione e la ricerca delle leggi che regolano la natura dovrebbero essere indipendenti dalle convinzioni dello scienziato, capita che egli sia spesso influenzato dal mondo in cui vive, come dimostrano i numerosi esempi della Germania nazista oppure la biologia proposta dal sovietico Lysenko. Paradossalmente, spesso lo scienziato sceglie di contribuire alla realizzazione di un’arma micidiale per allontanare il rischio di una guerra, oltre che per la ricerca del successo e del prestigio, come è successo ai fisici che hanno partecipato al Progetto Manhattan. Non dimentichiamo che gli scienziati non hanno solo l’amore per la ricerca in quanto accesso alla conoscenza: le dispute per la priorità delle scoperte e le polemiche accese in passato sono una dimostrazione di quanto la gloria sia una delle molle per accedere alla conoscenza.

Purtroppo, nonostante il progredire della scienza, la superstizione sembra dominare la nostra società e la razionalità viene vinta dagli oroscopi. Eppure anche la scienza non è solo dominio della razionalità: lo scienziato viene coinvolto dall’entusiasmo della scoperta, per quanto sappia che servono conferme e ulteriori prove e Galilei, in tal senso, ribadisce che la fiducia nella ragione umana deve essere illuminata dalla consapevolezza dei propri limiti. 

 

COMMENTO:

Il libro di Roberto Fieschi ci offre una panoramica sul mondo della fisica, attraverso le riflessioni maturate in anni di dedizione alla ricerca e all’insegnamento. Le informazioni fornite sono esposte con chiarezza e mantengono sempre desta l’attenzione nel lettore: forse i capitoli brevi, forse perché tutto ciò di cui si parla non è solo raccontato in prima persona, ma anche vissuto in prima persona, la lettura prosegue speditamente. Pur riconoscendo alla fisica il ruolo essenziale svolto nello sviluppo anche di altri settori della scienza, l’autore non può che affermare la propria consapevolezza che in futuro le scoperte più importanti verranno dalla biofisica e dalle neuroscienze: proprio per questo motivo la fisica costituisce il fil rouge dell’esposizione, ma il testo può essere considerato una carrellata di tutte le scienze studiate attualmente.

TRAMA: 
Il termine “serendipity” si riferisce ad una scoperta dovuta non solo allo studio e al talento, ma anche al caso, come è avvenuto, ad esempio, per la scoperta dei raggi X. E quanto le scoperte matematiche siano ottenute serendipicamente ci viene dimostrato dalle vicende di FU, docente universitario, protagonista del romanzo.
L’inizio è già una promessa di incontri: l’incontro con Irina, collega di storia, offre l’occasione per parlare di storia della matematica e da qui nasce l’idea di scrivere un libro insieme. La collaborazione offrirà ai due protagonisti l’occasione per incontrarsi e per approfondire la propria amicizia. L’incontro di FU con Carola, studentessa liceale che al momento ha qualche problema con la matematica, è l’occasione per FU per fare un’introduzione ai numeri reali, ispirandosi al lavoro di Dedekind, il primo a darne un’introduzione rigorosa e soddisfacente. Grazie all’intervento di FU, Carola scoprirà la propria passione per la matematica.
Tra i vari impegni, FU supervisiona anche lo svolgimento di un Seminario interfacoltà, intitolato Serendipità Matematica Elementare: per il primo incontro ha proposto lo studio delle equazioni di secondo grado, mentre l’ultimo seminario avrà come argomento la classificazione delle geometrie. Al seminario partecipano studenti di matematica alunni di FU, ma anche studenti di discipline umanistiche. Il seminario offre un’occasione di incontro, confronto e approfondimento.
Ma tra gli impegni di un docente universitario c’è anche la ricerca e una notte, FU comincia a pensare al lavoro di un australiano, sul quale sta riflettendo da settimane: guidato da una sensazione di simmetria e bellezza delle strutture, si mette all’opera e, procedendo nei calcoli, ottiene risultati interessanti. Forse il fatto che, qualche giorno prima, Irina l’abbia convinto a staccare la spina per un fine settimana ha contribuito a far progredire l’idea nella sua mente.
Nell’ultimo giorno del Convegno Matematica e Informazione, FU si sta preparando per la sua relazione: incontra il collega Morgenman, il cui intervento precederà di poco il suo. Il collega, uno scienziato piuttosto quotato in sede internazionale, si occupa di Crittanalisi e la sua conferenza, sui metodi di cifratura da Cesare ai giorni nostri è davvero interessante. FU invece parla della Combinatoria e la sua conferenza fa riferimento, in particolare, al Teorema dell’enumerazione di Pólya.
Tornato in Dipartimento, FU ha l’impressione che qualcuno lo stia seguendo e, dopo aver ricontrollato il proprio materiale – sia a casa che nello studio – ha la conferma che qualcuno ha frugato tra le sue carte. Parlandone con Irina, riesce a ricostruire i fatti e a ricordare di aver preso un foglietto, che non era il suo, proprio mentre il cameriere gli serviva un caffè al convegno, lo stesso foglietto che ora ha trovato nella propria borsa. FU e Irina riescono a decifrare il biglietto, dopodiché…
 
.
 
COMMENTO:
Un libro che si può leggere a due livelli: come un romanzo o come un libro di approfondimento e in tal caso l’occasione ci è offerta proprio dalle numerose note che accompagnano ogni capitolo. La comprensione del testo è alla portata di un qualsiasi studente di liceo, visto che il protagonista, FU, spiega gli argomenti matematici a gente poco esperta, dalla studentessa liceale al collega di un’altra disciplina, oppure si tratta delle spiegazioni presentate in un seminario gestito da studenti universitari e aperto a un pubblico liceale. Gli autori descrivono in cosa consiste il lavoro del matematico e spiegano anche molto bene come nascono le idee matematiche e come si arriva alle scoperte, attraverso il racconto di un anno accademico del protagonista, con le sue ricerche, i suoi pensieri, i suoi incontri.
Martedì, 06 Agosto 2013 08:08

Mate-magica

TRAMA: 
Questo libro è una raccolta di alcuni dei giochi presentati nel De viribus quantitatis di Luca Pacioli: codice cartaceo composto da 306 carte, scritto in volgare ma con l’inclusione di latinismi. Gli autori del presente libro hanno scelto i giochi delle prime due parti del libro e li hanno riorganizzati in sei gruppi, senza rispettare l’ordine cronologico di Pacioli, ma dando indicazioni precise nel testo per ricostruire la posizione nell’originale. I sei capitoli sono i seguenti:
1. Giochi matemagici: è la parte più corposa del libro – ne occupa circa la metà – e contiene 37 giochi. I giochi possono essere eseguiti con monete, dadi e carte e si basano su principi o regolarità matematiche che vengono ricostruite accuratamente dagli autori mediante delle equazioni. Ci sono giochi nei quali si invitano gli spettatori a pensare a dei numeri e, attraverso una serie di operazioni aritmetiche che vengono fatte svolgere, il prestigiatore riesce a risalire ai numeri stessi, dando l’illusione di aver letto nel pensiero. Con la moderna matematica, vediamo che sono semplici equazioni, anche se non facilmente intuibili per la dinamica del gioco. Certo è che al prestigiatore è richiesta, oltre ad una buona rapidità di calcolo, anche un’ottima memoria e, a tal proposito, Pacioli suggerisce alcuni trucchi.
2. Rompicapo e giochi topologici: da questo punto di vista, il lavoro del Pacioli è davvero all’avanguardia. Il suo libro è la prima compilazione di giochi topologici. Gli autori trattano i principali giochi, con l’aggiunta di figure di riferimento, ma reperite altrove, perché per quanto la descrizione del Pacioli sia precisa e comprensibile, senza figure diventa difficile seguire questi puzzle topologici che a prima vista sembrano impossibili.
3. Giochi di prestigio basati su principi fisici: il principio alla base dei quesiti presentati è molto semplice, ma dimostra la profonda conoscenza di Pacioli. Si tratta infatti di conoscere il baricentro di un insieme di oggetti, in relazione alle reazioni vincolari agenti sul sistema. Più volte Pacioli richiama l’attenzione sulla necessità di non svelare il trucco e, in questo caso, invita il prestigiatore a nascondere alla vista dello spettatore le azioni che si devono compiere per risolvere il rompicapo. 
4. Illusioni sensoriali: l’illusione ottica presentata è forse frutto degli studi della prospettiva che si stavano svolgendo in quel periodo. La seconda illusione sensoriale, invece, è dovuta alla complessità dei segnali trasmessi al cervello.
5. Scommesse: sono presentate due scommesse. La prima viene attribuita da Pacioli a Filippo Brunelleschi e riguarda l’abilità di mettere in equilibrio un uovo. La seconda, invece, riguarda il lancio di un ago cercando di infilzare una tavola di legno morbido posta a una certa distanza. È possibile centrare il bersaglio semplicemente inserendo del filo nella cruna: in questo modo, il filo ha una funzione stabilizzatrice che ne regolarizza la traiettoria.
6. Riscontri tra il foglio 958r del Codice Atlantico e il De viribus quantitatis: Leonardo da Vinci e Pacioli erano legati da una profonda amicizia e avevano un bel rapporto di stima reciproca, tant’è che le figure geometriche che compaiono nel De divina proportione di Luca Pacioli sono opera di Leonardo ed è molto probabile che sia stato Pacioli a istruire Leonardo in matematica. In ogni caso, alcuni dei giochi proposti nel Codice Atlantico compaiono anche nel De viribus quantitatis, con una spiegazione del tutto simile.
 
.
 
COMMENTO:
Matematica e magia si contendono il ruolo del protagonista in questo libro, forse proprio grazie al fatto che gli autori sono un prestigiatore e due scienziati e parlano del lavoro di Luca Pacioli, un matematico poliedrico, o forse perché non si può essere prestigiatori senza conoscere la matematica e chi apprezza la matematica sa che ha degli aspetti magici. Luca Pacioli sottolinea che è facile ingannare con le illusioni i “rozzi”, gli “idioti” e le donne – in quanto inesperte di matematica e quindi non in grado di capire – ma io personalmente ritengo che la dimensione magica della matematica sia più evidente per coloro che la conoscono e la apprezzano. Questo libro può essere considerato un ponte, gettato dal XV secolo da Pacioli fino a noi, oppure gettato dalla matematica e dagli autori verso tutti gli scettici, che – con questa “autentica avventura intellettuale” – possono appassionarsi. La stessa Antonietta Mira nell’introduzione ci dice: “Attraverso questo lavoro si desidera offrire a prestigiatori, matematici, appassionati, dilettanti o anche solo curiosi di magia, un breve compendio e un’istantanea della prestigiazione nell’Italia del XV secolo.”
Martedì, 06 Agosto 2013 08:05

Il caso, probabilmente

TRAMA: 
Il testo di tre spettacoli teatrali, che raccontano “la matematica, raccontando storie di vita, di paura e di avventura. Tre testi teatrali per esplorare il legame tra teoria e pratica e rendere la regina delle scienze un’esperienza artistica e accattivante.”
 
Il caso, probabilmente
La prima scena si ripete più volte, sempre uguale e al tempo stesso con esiti diversi: i protagonisti sono Claudio e la cognata Barbara. Claudio ha scoperto il tradimento della moglie del fratello e vuole ricattarla, ma se lei riuscirà a sconfiggerlo ai dadi, lui le restituirà i negativi e non parlerà con il fratello. 
Barbara perde la sua partita ai dadi, uccide Claudio e poi uccide se stessa, oppure uccide Claudio, ma è costretta a fuggire, oppure non riesce a uccidere Claudio e quindi deve lasciare il marito. Ultima alternativa: Barbara ha imparato il calcolo delle probabilità, vince la propria partita con il cognato, ottiene i negativi e può tornare dal marito come se nulla fosse successo.
 
Il dilemma del prigioniero
Vico e Ludo: due personaggi diversi o due facce della stessa persona? Il primo è il marito di Emma, uccisa in circostanze poco chiare. Vico ed Emma si erano ritirati in montagna per superare la morte del figlio, ma Vico ha tentato di far impazzire Emma, forse con la complicità di Ludo. O forse Ludo voleva aiutare e proteggere Emma? Comunque siano andate le cose, Ludo e Vico ora sono in galera e, se non vogliono passare lunghi anni in prigione, a causa della morte di Emma, devono trovare un modo per collaborare…
 
Parallelismi – Geometrie euclidee e non. Tre momenti drammatici
Il primo momento è rappresentato dal fallimento di due killer, che dovrebbero abbattere un aereo, ma troppo tardi si accorgono che la strada più breve tra due punti è diversa se viene tracciata su una sfera o su un piano.
Nel secondo momento, l’incontro tra un giovane allievo e un vecchio maestro presenta quello che potrebbe essere l’incontro tra Gauss, il vecchio, e coloro che hanno scardinato la tradizionale visione della geometria, negando il quinto postulato di Euclide. 
L’ultimo momento è l’incontro tra due diverse dimensioni, quella reale e quella del palcoscenico: da un lato Amleto – appartenente al mondo del teatro – dall’altro lo Spettro – appartenente al mondo reale. Lo Spettro vuole convincere Amleto della sua non realtà, ma Amleto, giustamente, ribadisce: “Chi ti dice che sei vero?”. In fondo, anche Amleto era convinto di essere vero…
 
.
 
COMMENTO:
Rileggere questi testi, dopo aver visto gli spettacoli a teatro, aiuta a scoprire una matematica diversa e a rendersi conto di quanto essa permei la nostra vita. 
Il saggio conclusivo di Valentina Colorni, la regista, riesce ad evidenziare, con sei parole, lo stretto legame tra la matematica e il teatro: l’astrazione, che da molti studenti è considerata una delle “colpe” della matematica, è la genesi del teatro. La matematica, come il teatro, ha una sua gratuità: nell’immediato non serve a nulla – al contrario della fisica, ad esempio – ed anche il teatro non è una necessità, non è finalizzato alla spiegazione razionale della realtà. Sia matematica che teatro si basano su delle convenzioni, ovvero delle regole del gioco molto particolari, senza le quali non potrebbe esistere alcuna possibilità di comunicazione tra palcoscenico e platea, ma allo stesso modo in matematica i postulati, le definizioni e gli assiomi sono le regole del gioco. La fantasia, la creatività che permette di costruire una nuova matematica descrive nuovi mondi esattamente come l’autore teatrale. E infine analisi e sintesi, che in matematica sono fondamentali per risolvere un problema, in teatro possono essere un aiuto per esprimere meglio un argomento. 
Una lettura consigliatissima, ma ancor più consigliato sarebbe poter assistere alle rappresentazioni teatrali: anche andare a teatro può essere un modo per conoscere ancora meglio e ancor più in profondità la matematica.
Martedì, 06 Agosto 2013 08:02

Fisica, delitti e digressioni

TRAMA: 
Domenico Signorelli, come capita spesso agli insegnanti di matematica e fisica, ha cercato un modo alternativo di spiegare la fisica e, ispirato dal libro “Sherlock Holmes e i misteri della scienza” di Colin Bruce, ha sfruttato l’idea di risolvere dei casi polizieschi attraverso importanti fenomeni scientifici. Ecco quindi che la caduta dei gravi, la portata di un fluido, la legge fondamentale della termologia, l’ottica, l’acustica e l’elettromagnetismo sono la chiave che il professor Salviati, coinvolto dal commissario Borsari, utilizza per risolvere i casi più intricati. “Salviati incarna un docente di matematica e fisica che, profondamente innamorato del suo lavoro, vive immerso in una sorta di estasi intellettuale; Borsari è un commissario di polizia che nell’indagare su crimini e delitti si avvale delle conoscenze scientifiche del professore.”
Per poter gustare questi sette racconti, dobbiamo raccogliere la sfida di Signorelli e sopportare le poche formule che compaiono nel libro: “I calcoli sono svolti passo dopo passo e il modo in cui il professor Salviati cerca di spiegarli al commissario è molto graduale” e paradossalmente – ma forse si tratta di un paradosso che chi insegna matematica non può cogliere – con le formule tutto è più chiaro. Gli argomenti trattati sono introdotti o commentati da interessanti riflessioni/digressioni, attraverso le quali l’autore ci espone la sua idea della fisica. Dalla storia di Galilei che studia la caduta dei gravi, si procede riflettendo sul particolare sguardo con il quale gli scienziati leggono la realtà, vedendo ciò che è nascosto alla maggior parte della gente. Signorelli affronta anche il confronto tra le culture scientifica e umanistica, da sempre considerate agli antipodi e nella religione vede una limitazione delle nostre conoscenze. Solo la logica può difenderci dall’errore e aiutarci a dare una risposta ai nostri dubbi, necessari per mettere in discussione credenze ritenute incontestabili e per arrivare alla verità.
L’elenco dei capitoli ci dà l’idea di quali siano gli argomenti trattati nel testo:
- “Una grave leggerezza”: un omicidio camuffato da incidente, che il professor Salviati smaschera grazie al moto di caduta dei gravi.
- “Un dettaglio di grande portata”: il professor Salviati ci spiega il concetto di portata e, grazie alla pioggia, determina senza errori l’orario dell’aggressione, spiegando cosa è avvenuto realmente.
- “Un ardente desiderio di esattezza”: grazie alla termologia, il professor Salviati determina la quantità di alcol utilizzata da un ladro per incendiare le prove, permettendo a Borsari di identificare il colpevole.
- “Un’acuta riflessione”:le leggi di riflessione dell’ottica fanno luce sull’omicidio di Ugo Sarti, ucciso con un colpo di fucile esploso dall’esterno del suo ufficio.
- “Un silenzio assordante”: quest’ossimoro ci riporta alle leggi che regolano l’acustica, che permettono al professor Salviati di smascherare un omicidio che anni prima era stato considerato un suicidio.
- “Un’altezza che dura un istante” ritorna sulla caduta dei gravi e impedisce la fuga di un uomo colpevole di un grave atto di sabotaggio, sorpreso dai due protagonisti.
- “Un’idea illuminata”: le conoscenze del professor Salviati non sono solo teoriche e, grazie all’elettromagnetismo, costruisce una torcia con la quale trovare l’unica traccia lasciata da un ladro che li ha sequestrati.
 
.
 
COMMENTO:
Un libro alla portata di tutti, semplice ma non banale. La spiegazione di Signorelli è chiara e si può seguire senza fatica. In ogni caso, l’autore ci avverte già nell’introduzione che ci sarà richiesto un po’ di impegno, perché non si può acquisire conoscenza senza fare fatica. Si tratta però di una fatica ampiamente ripagata dalla comprensione, che ci permette di guardare la realtà con occhi diversi, come dimostra la soluzione dei sette delitti descritti.
TRAMA: 
Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, l’autrice coglie l’occasione per parlare delle donne italiane che in tale periodo si sono messe in evidenza in campo scientifico: “Questo libro vuole raccontare le loro vicende, radiografando la società in cui si sono mosse e sottolineando l’originalità dei risultati raggiunti, citando anche gli uomini che hanno creduto nel loro potenziale e le hanno incoraggiate alla ricerca. L’intento è di creare un tributo al loro lavoro caparbio e alla loro straordinaria intelligenza.”
Oggi le donne italiane che lavorano in ambito scientifico sono il 50%, ma devono ancora lottare contro gli stereotipi, nonostante mostrino spesso capacità e competenze superiori a quelle dei colleghi maschi. “Le donne risultano ben rappresentate solo in alcuni campi della scienza, quali la biologia e la medicina; sono abbastanza presenti nella matematica, mentre non abbondano in discipline come la fisica e l’ingegneria, considerate ancora appannaggio maschile.” L’assenza più evidente è nelle posizioni di maggiore responsabilità, forse perché le donne sono meno disposte degli uomini a combattere per la propria carriera. 
In passato, alle donne era precluso l’accesso alle università e l’istruzione veniva impartita all’interno della famiglia da maestri pagati privatamente, oppure nei conventi, dove però lo studio prevalente era quello della teologia. In questo stato di cose, riuscivano ad emergere quelle che potevano contare su un padre, un fratello o un marito scienziato, come dimostrano gli esempi di Ipazia (IV sec. d.C.) e di Maria Gaetana Agnesi (1718/1799), entrambe istruite dal padre. Ancora all’inizio del XX secolo, in molti paesi europei era precluso l’accesso delle donne alle università: in Italia, le donne furono ammesse alle scuole pubbliche solo nel 1874. Tutto questo era dato dalla convinzione che le donne fossero inferiori biologicamente agli uomini e, per questo motivo, non potessero competere con loro a livello intellettivo. Solo nel 2006 alcuni ricercatori dell’Università della British Columbia in Canada, con un’indagine accurata, hanno rivelato che non esistono differenze genetiche che giustifichino l’idea che l’uomo sia più portato verso la scienza della donna.
 
La scelta delle ricercatrici della Strickland è stata fatta a partire dalle donne che hanno dato un apporto originale nelle scienze di base durante i centocinquant’anni dall’Unità d’Italia, che hanno dato “un esempio di coraggio, tenacia e forza di volontà nell’imporre le proprie idee, le proprie certezze, in un contesto spesso non favorevole all’ingresso femminile nel sociale e quindi nel mondo della scienza”. 
Le diciannove scienziate sono per la maggior parte matematiche (sette), poi ci sono le scienziate impegnate nella fisica (tre). Tra le scienziate proposte, solo quattro sono ancora in vita: Massimilla Baldo Ceolin, Maria Bianca Cita Sironi, Margherita Hack e Rita Levi Montalcini, tutte e quattro socie dell’Accademia dei Lincei nella classe di Scienze fisiche. Tra le diciannove scienziate, molte possono essere citate per essere state le prime a fare qualcosa: la Ceolin è stata la prima donna a ricoprire una cattedra all’Università di Padova, la Calabresi, una delle insegnanti della Hack, ha perso l’abilitazione alla libera docenza per le leggi razziali e, dopo l’arresto nel 1944, si è data la morte con una fiala di veleno. La Fabri è stata la prima donna a laurearsi alla Scuola Normale di Pisa, la Hack è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, Rita Levi Montalcini è da evidenziare perché per tre anni, alla fine delle superiori, continuò a chiedersi cosa fare nella vita e decise della propria carriera solo dopo la morte per tumore della propria governante. Anche lei, quando furono promulgate le leggi razziali, trovò rifugio a Bruxelles e si impegnò come medico volontario per gli alleati. La Mameli Calvino è tra le prime laureate in Italia e la prima donna a conseguire la libera docenza in botanica ed è ricordata anche come madre di Italo Calvino, che la descrisse come “una donna molto severa, austera, rigida nelle sue idee, tanto sulle piccole che sulle grandi cose”.
 
Le studiose sono: Giuseppina Aliverti (fisica), Massimilla Baldo Ceolin (fisica), Margherita Beloch Piazzolla (matematica), Giuseppina Biggiogero Masotti (matematica), Rita Brunetti (fisica), Enrica Calabresi (zoologa), Maria Cibrario Cinquini (matematica), Maria Bianca Cita Sironi (geologa), Cornelia Fabri (matematica), Elena Freda (matematica), Margherita Hack (astrofisica), Rita Levi Montalcini (neurobiologa), Eva Giuliana Mameli Calvino (botanica), Lydia Monti (chimica), Pia Nalli (matematica), Filomena Nitti Bovet (chimica), Maria Pastori (matematica), Livia Pirocchi Tonolli (limnologa), Pierina Scaramella (botanica).
 
.
 
COMMENTO:
Una lettura interessante, che invita all’approfondimento: il libro aiuta a scoprire un mondo, regala un po’ di notorietà a donne sconosciute ai più, ma le loro biografie sono tracciate come piccoli assaggi, come un invito ad andare oltre. L’introduzione della Strickland permette di farsi un’idea della situazione della donna in Italia, attualmente e nel passato: è incredibile come queste donne siano riuscite a realizzare qualcosa di grande nonostante i pregiudizi, nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli che hanno dovuto superare. Quali vette avrebbero raggiunto se fossero state uomini? Una cosa è certa: il loro lavoro e il loro acume non avrebbe avuto più valore, considerato che sono riuscite a lasciare un segno nella storia del nostro paese nonostante la società abbia cercato di impedir loro in tutti i modi di portare avanti la ricerca.
Martedì, 06 Agosto 2013 08:00

L'ultima risposta di Einstein

TRAMA: 
Javier Costa, giornalista e autore di un programma radiofonico, durante una puntata su Einstein ipotizza che lo scienziato non abbia reso pubbliche le sue ultime scoperte, per il timore che l’umanità non fosse pronta a recepirle. Al termine della puntata, trova una busta sulla quale è riportata una formula, E = ac2, e contenente una cartolina che lo invita a Cadaqués. L’appuntamento è nell’abitazione di un certo Yoshimura, apparentemente ignaro di tutto, e ad attenderlo ci sono anche Pawel, professore di fisica dell’Università di Cracovia, Jensen, editore di “Mysterie”, una rivista pseudo-scientifica e Sarah Brunet, una trentenne francese che sta completando una tesi su Mileva Marić, la prima moglie di Einstein. Durante la discussione che segue, si parla della prima figlia di Mileva e Einstein, nata fuori dal matrimonio, Lieserl: Pawel ipotizza che sia depositaria dell’ultimo segreto del padre.
Il lunedì successivo, Javier apprende che Yoshimura è stato assassinato e teme di essere uno dei sospettati. Con una mail, il direttore editoriale del Princeton Quantic Institute gli chiede di concludere la biografia di Einstein iniziata da Yoshimura e Javier accetta, rinunciando al suo incarico alla radio. Si reca a Zurigo, per ripercorrere la vita di Einstein a partire dal Politecnico e al Cabaret Voltaire, dove lo ha indirizzato una telefonata anonima, incontra un’adolescente dai capelli azzurri e trova le indicazioni per un ulteriore appuntamento: venerdì a mezzogiorno, a Berna, al Rosengarten. Qui incontra Sarah Brunet, visibilmente infastidita dall’incontro e Jacob Suter, la massima autorità di Berna per quel che riguarda Einstein, che viene ucciso.
Successivamente, Sarah riceve un sms sul proprio cellulare che indica un ulteriore appuntamento, a Belgrado in una caffetteria dove, con Javier, incontra Jensen, che dichiara di conoscere l’ultima risposta di Einstein. Morirà avvelenato un attimo prima di svelare il segreto al mondo.
Javier e Sarah parlano a Novi Sad con una sorellastra di Lieserl, che fornisce loro alcune informazioni sulla donna. A New York incontrano David, figlio di Lieserl, che però li congeda bruscamente. Javier si reca a Princeton, dove trova una lettera della nipote Mileva, figlia di Lieserl, al nonno Einstein e incontra anche Pawel, che insiste per accompagnarlo a New York in auto. Durante il viaggio, lo scienziato attira il giornalista in una trappola e solo l’intervento di Lorelei, la ragazzina dai capelli azzurri che lo segue da Zurigo, riesce a salvarlo, nonostante rimanga seriamente ferito…
 
.
 
COMMENTO:
Una caccia al tesoro che si conclude con una risposta inaspettata e che, durante tutto il dispiegarsi della vicenda, ci accompagna con la biografia di Einstein. Javier, il protagonista, approfondisce le sue conoscenze proprio grazie al suo coinvolgimento nella vicenda e noi lettori, con lui, scopriamo eventi della vita del geniale fisico di cui magari non eravamo a conoscenza.
Un libro poco impegnativo, ma piacevole, consigliato a tutti.
Martedì, 06 Agosto 2013 07:58

La mia vita in bicicletta

TRAMA: 
La passione di Margherita Hack per la bicicletta è cominciata molto presto con la rivalità tra Binda e Guerra al giro d’Italia e viene consacrata nell’estate del ’33 nell’incontro con Guerra. Attraverso la bicicletta, la Hack ripercorre per noi le tappe della sua vita, dalle estati a Firenze, con i giochi al Bobolino, la scuola elementare cominciata in anticipo, l’incontro con Aldo, il ginnasio, l’esame di riparazione in matematica, e la promozione in prima liceo che le vale il tanto atteso regalo, la bicicletta.
Nata nel 1922, la Hack ha vissuto la sua infanzia e parte della sua giovinezza sotto la dittatura del fascismo: la sua famiglia viene colpita dal fascismo, in quanto il padre, impiegato alla Valdarno – l’azienda elettrica toscana, viene licenziato perché non iscritto al fascio e la madre contribuisce alle entrate familiari realizzando delle miniature agli Uffizi che poi vende ai turisti. Ma il fascismo colpisce anche l’universo scolastico di Margherita: in quarta ginnasio deve abbandonare lo studio del francese per il tedesco, a causa dell’amicizia tra Mussolini e Hitler, una professoressa di scienze viene allontanata perché ebrea e l’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno del 1940 causa l’abolizione degli esami di maturità, che le risparmiano un esame a ottobre a causa di una sospensione di venti giorni, per l’accusa di “disfattismo” in quanto antifascista.
Margherita Hack ha anche un passato da campionessa di atletica: durante la sua partecipazione ai Giochi della Gioventù del Littorio come lanciatrice del peso, viene notata da Danilo Innocenti, allenatore della Giglio Rosso, che la invita ad allenarsi con la sua squadra. Nel maggio del 1941, ai Giochi del Littorio si classifica prima sia in salto in alto che in salto in lungo, mentre nel 1942 vince nel salto in alto, ma non gareggia per il salto in lungo.
Nel 1940, Aldo, che aveva incontrato al Bobolino nell’estate dei suoi undici anni, torna a Firenze e ricominciano a frequentarsi: la loro storia comincia nel giugno del 1943 e il loro matrimonio viene celebrato nel febbraio del 1944. Sempre nel 1940, Margherita si iscrive all’università: inizialmente sceglie lettere, ma poi la passione per la fisica ha la meglio. Non ha grande fiducia nelle proprie capacità, ma l’esame di analisi matematica le insegna ad “andare avanti, senza scoraggiarsi” e questo aumenta la sua fiducia. La guerra interferisce ancora con la sua carriera scolastica, perché viene sospesa la sessione di laurea e riesce a concludere gli studi solo nel gennaio del 1945.
Dal giugno del 1947 lavora alla Ducati, l’anno dopo diventa assistente incaricata e nel 1950 vince il concorso per assistente di ruolo alla cattedra di astronomia. Nel 1954 ottiene un trasferimento dall’osservatorio fiorentino di Arcetri a Merate, dove resterà dieci anni e nell’ultimo periodo sarà costretta a fare la pendolare con Firenze, a causa della salute di Aldo, che non sopporta il clima umido della Brianza. Nel 1964, vince il concorso per la cattedra di astronomia dell’università di Trieste: per anni lavora per riorganizzare l’osservatorio. Nel 1997, a settantacinque anni – dopo cinquant’anni di lavoro – Margherita Hack va in pensione e comincia la sua nuova giovinezza: gioca a pallavolo, gira in bicicletta, nuota… ma alcuni problemi di salute – ha ottantanove anni nel momento della stesura del libro – la costringono a rallentare il ritmo: “dovrò decidermi ad attaccare la bicicletta al fatidico chiodo”.
 
COMMENTO: 
Un libretto suddiviso in 32 capitoli, nei quali Margherita Hack ci parla della sua infanzia, dell’adolescenza – durante la quale era “diventata una stupida” per farsi accettare dai coetanei – della lunga vita lavorativa e del matrimonio. Quattro capitoli sono dedicati agli animali domestici con i quali ha condiviso la vita: Cicino, il gatto soriano che ha perso durante la giovinezza, Dick, il cucciolo di lupo triste, spaurito e zoppo che vive con lei per tredici anni, Lara, una bastardona trovata in un canile con la quale condivide il cammino solo per pochi mesi, Lilli, che vive con Margherita e Aldo per sette anni e Zacchi, tredicenne all’epoca della stesura del libro, un volpino che l’aveva impietosita per la sua solitudine. Non possono mancare i capitoli dedicati alle fonti rinnovabili e all’energia nucleare, nella parte finale del libro, quella in cui Margherita Hack ci regala alcune riflessioni sull’ambiente e sull’ecologia. Il libro è piacevole e interessante: tra le pagine non incontriamo solo Margherita Hack e la scienza, ma anche le sue passioni, i suoi giochi di bambina insieme all’Italia del fascismo e della guerra. E, soprattutto, Margherita si rivolge ai giovani che hanno difficoltà con la scuola: “Analisi matematica era un osso duro, ed è stato allora che ho imparato a studiare. Andare avanti, senza scoraggiarsi, senza impuntarsi su quello che non capisci. Alla fine della prima passata di trecento e più pagine si ricomincia, e tanti punti che alla prima mi erano parsi incomprensibili diventano chiari; alla terza passata quasi tutti i punti interrogativi sono spariti, il significato dell’analisi e la sua utilità cominciano ad apparire, è tutta una serie di piccole scoperte che mi sembra di fare ogni giorno che passa.”
Martedì, 06 Agosto 2013 07:57

L'uomo che ha inventato il XX secolo

TRAMA: 
Nato in Croazia nel 1856, Tesla mostrò fin da piccolo un particolare interesse per la meccanica. Mentre concludeva gli studi di ingegneria, estese i suoi interessi all’elettricità e cominciò a pensare a come realizzare un motore a corrente alternata.
Charles Batchellor, un ingegnere inglese amico di Edison, riconobbe subito le potenzialità di Tesla e quando il direttore per cui lavorava si rimangiò la promessa del premio di 25.000 dollari, lo convinse a lavorare per Edison negli Stati Uniti. Tesla si mise in viaggio nell’estate del 1884: dopo il furto dei bagagli e del biglietto, fu fatto salire a bordo grazie alla lettera con cui Batchellor lo presentava a Edison, che costituiva una prova della sua identità. Tesla immaginava che una volta che le sue nuove teorie sulla corrente alternata fossero state rivelate a Edison – all’epoca affermato inventore elettrico – questi sarebbe stato entusiasta di finanziare le sue ricerche. Invece Edison gli offrì subito un impiego, ma disse di non avere alcun interesse riguardo a possibili nuove teorie sull’elettricità. Gli promise 50.000 dollari se avesse risolto il problema dell’accoppiamento delle dinamo e Tesla vi lavorò per tutto l’anno successivo, risolvendo il problema. Alla richiesta del premio pattuito, però, si sentì rispondere: «Tesla, ma lei non capisce l’humour americano!» perciò si licenziò.
Tesla ottenne l’appoggio di Brown, della Western Union Telegraph, che fu in grado di apprezzare le sue idee e costituì la Tesla Electric Company. A Tesla furono concessi trenta brevetti differenti e la sua società ottenne il controllo commerciale completo dell’industria della corrente alternata. Durante una conferenza, il 16 maggio 1888, presso l’Istituto americano di ingegneria elettrica, Tesla incontrò George Westinghouse, un abile commerciante che gli offrì un milione di dollari per i suoi brevetti.
Nell’autunno del 1888 l’Assemblea legislativa dello Stato di New York promulgò una legge con la quale consentiva l’uso della sedia elettrica al posto dell’impiccagione, per le esecuzioni capitali. Questo era il risultato della campagna pubblicitaria di Edison, che aveva evidenziato i rischi della corrente alternata. Il 6 agosto 1890, William Kemmler fu ucciso con la corrente, dopo venti minuti di lenta agonia: questa terribile esecuzione fu talmente tragica che solo con la scoperta dell’effetto pellicolare, Tesla poté dimostrare che la corrente poteva attraversare il corpo umano senza dare problemi, esibendosi in dimostrazioni spettacolari.
Nel 1889, a causa di serie difficoltà economiche, sia Edison che Westinghouse vendettero la propria impresa: in questo modo, Edison e Tesla furono estromessi. In quel periodo, si stava allestendo una Fiera mondiale a Chicago: gli organizzatori cercavano un impianto di illuminazione e Westinghouse vinse l’appalto contro la General Electric, l’impresa che era stata di Edison. Il passo successivo fu lo sfruttamento dell’energia generata dalle cascate del Niagara, con il trasporto dell’elettricità fino alla città di Buffalo, a 35 km dalle cascate: Westinghouse strinse un accordo con la General Electric per presentare un’offerta congiunta per la realizzazione della centrale. Questo segnò la fine della “guerra delle correnti”: gli unici sconfitti furono Edison e Tesla, anche se la stampa riconobbe a quest’ultimo il merito della realizzazione della centrale.
Dal 1893 al 1895 Tesla ebbe un periodo particolarmente creativo: avendo ancora un po’ di denaro di Westinghouse, poté costruire la sua prima radio e nel 1893, durante una conferenza pubblica descrisse le cinque caratteristiche basilari dell’impianto. Tesla era in notevole anticipo rispetto a Marconi, come venne riconosciuto da un tribunale statunitense sei mesi dopo la sua morte, solo che la notte prima dell’ultimo collaudo un incendio distrusse completamente il suo laboratorio. Grazie alla sua prodigiosa memoria, le sue idee non erano completamente perse e un finanziatore concesse a Tesla 40.000 dollari per aiutarlo a ricominciare: fondò una nuova società e un nuovo laboratorio e, dopo due anni, riuscì a brevettare il suo lavoro. Il 2 settembre del 1897, allestì una spettacolare dimostrazione, che però riscosse uno scarso interesse e per questo Tesla abbandonò il progetto.
Il 18 maggio 1899, Tesla arrivò a Colorado Springs, dove costruì il suo nuovo laboratorio. Nel suo diario – che tenne dal 1° giugno 1899 al 7 gennaio 1900 – scrisse che gli esperimenti procedevano con successo: scoprì come trasmettere energia elettrica senza fili, raggiungendo un raggio d’azione di 42 km, con 10.000 watt di potenza ottenuti dalle stazioni riceventi.
Intorno alla metà di gennaio del 1900, Tesla era di nuovo in difficoltà: aveva speso tutti i soldi del prestito, perciò scrisse a Westinghouse proponendogli una nuova collaborazione, ma questi lo ignorò. Scrisse al «Century Magazine», per parlare delle sue invenzioni e questo gli regalò una reputazione da profeta delirante. Inaspettatamente, J.P. Morgan si mostrò interessato e gli offrì 150.000 dollari per il 51% di tutti i brevetti di tecnologia “senza fili” che lui avrebbe sviluppato. La sua era un’abile mossa per controllare le invenzioni di Tesla e per fare in modo che non danneggiassero i suoi investimenti. Tesla cominciò a realizzare il proprio laboratorio a Long Island il 23 luglio 1901, in una località denominata Wardencliff. Dopo una spesa di 200.000 dollari, Tesla non era ancora pronto a sperimentare l’impianto ed era di nuovo al verde, ma Morgan rifiutò di sovvenzionarlo ulteriormente. Tesla cercò di vendere i suoi ultimi averi, per racimolare un po’ di denaro, ma fu tutto inutile: il suo sogno sull’energia libera senza fili era andato in fumo. A cinquant’anni, Tesla era ancora una volta senza un centesimo.
Stranamente, dopo la sua morte Tesla fu dimenticato, se si esclude il riconoscimento dell’attribuire il suo nome all’unità di misura dell’induzione elettromagnetica. In parte, l’oblio in cui è caduto fu una sua creazione, visto che non lasciò alcuna testimonianza e l’opinione pubblica lo ricorda solo per la sua “follia”. Rimase fisicamente attivo e in salute fino a ottantuno anni, quando fu investito da un taxi a New York: da quel momento cominciò a peggiorare. Negli ultimi tempi, Tesla cominciò a parlare di un ordigno al plasma e il 5 gennaio del 1943, telefonò al Dipartimento della guerra, per offrire i segreti della sua arma. Morì per un attacco cardiaco tra il 5 e l’8 gennaio. L’FBI sequestrò i suoi oggetti per conto del governo e J. Edgar Hoover raccomandò «la massima riservatezza sulle ultime vicende collegate a Tesla». In altre parole, il lavoro di una vita fu dichiarato “top secret”. Il 18 ottobre 1993, l’HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program), esaminò gli stessi fenomeni studiati da Tesla cento anni prima in Colorado, dimostrando che la sua arma è realizzabile.
“Era uno scienziato brillante, un profeta che leggeva realmente nel futuro, ma che il suo tempo non fu in grado di comprendere.”
 
COMMENTO:
Questo libro non tratta solo della vita di Tesla: uno dei capitoli è dedicato alla storia dell’elettricità, un altro alla storia dell’illuminazione e si mettono in evidenza i meriti di Edison nel campo degli affari, tracciando la storia del suo successo. Il libro cerca di essere il più possibile obiettivo nel considerare i meriti e i limiti di Tesla: uomo dal grande ingegno, il cui unico scopo era di risolvere i problemi che si poneva, senza considerare quanto avrebbero potuto fruttargli dal punto di vista economico. I suoi esperimenti avevano una solida base di studio e utilizzavano un’idea di elettricità molto più avanzata di quella della maggior parte degli scienziati contemporanei, non per nulla alcune sue grandi invenzioni sono state riscoperte e rivalutate solo nell’ultimo ventennio. I numerosi aneddoti e la descrizione delle invenzioni accompagnano lo sviluppo della storia, che è sicuramente alla portata di tutti, ma particolarmente consigliato agli appassionati di elettronica e agli insegnanti.
Pagina 111 di 123

© 2020 Amolamatematica di Daniela Molinari - Concept & Design AVX Srl
Note Legali e Informativa sulla privacy