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Venerdì, 22 Gennaio 2021 22:18

La matematica del virus

«La matematica del virus», edito da Castelvecchi in ebook nel 2020, è stato scritto da Pietro Battiston, economista esperto di reti sociali dell’Università di Parma, e Roberto Battiston, ordinario di fisica sperimentale presso l’Università di Trento e direttore dell’Agenzia Spaziale Italiana dal 2014 al 2018.

Il testo è un piccolo saggio adatto a chiunque, che spiega come si può realizzare la descrizione della diffusione di un virus da un punto di vista matematico. Nell’introduzione, gli autori lasciano la parola a un virus che si racconta, come in un diario: gli umani sono, per i virus, «una gigantesca torta di cellule». Esattamente come il generale prussiano Karl von Clausewitz, citato all’inizio del secondo capitolo, il virus mette in atto tutta una serie di strategie per potersi diffondere velocemente e nel modo migliore possibile, ricorrendo ad alcune tattiche ingegnose: sceglie di non palesarsi in alcuni individui (gli asintomatici), in maniera tale da prendere il controllo della cellula senza che l’organismo se ne accorga e per poter diffondere meglio il contagio, e ha la capacità di effettuare delle mutazioni proprio per neutralizzare l’attacco del sistema immunitario. Nel terzo capitolo, dopo una breve introduzione storica da Bernoulli fino ai modelli compartimentali di Kermack e McKendrick del 1927, gli autori presentano i modelli che «hanno permesso la descrizione dell’evoluzione di molte epidemie, talvolta anticipandone gli esiti, e contribuendo individuare delle strategie di contenimento». Il modello SIR è sicuramente il modello compartimentale più semplice che possa essere applicato alla COVID-19 e, anche se forse non intuitivo, può spiegare adeguatamente come si diffonde un’epidemia.

Il quarto capitolo è introdotto dalla frase dello statistico George Edward Pelham Box: «Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili». I due autori mostrano i pregi e i difetti del modello SIR che, in generale, è bello, utile e semplice, visto che considera gli esseri umani «come delle palline che rimbalzano in una scatola». Gli autori spiegano perché non è necessario considerare modelli più articolati, anche se le epidemie sono fenomeni complessi: il compito del modello è di aiutare a «capire la dinamica dell’epidemia, a partire dai dati raccolti durante il suo sviluppo.» Una volta identificato l’andamento dell’epidemia, permette di «anticipare gli esiti e valutare gli effetti degli interventi messi in atto per contenerla». Nel quinto capitolo, intitolato «Il diritto di contare bene», gli autori mettono in evidenza come per far funzionare adeguatamente un modello sia necessaria la massima apertura da parte delle istituzioni. Rendendo pubblici i dati, si può riuscire a caratterizzare l’epidemia nel modo migliore possibile, tanto più che nascondere i dati non aiuta a placare le critiche ma alimenta un clima di sospetto. «Il virus ha un grosso punto debole: se sul piano biologico è un oggetto efficientissimo e, almeno all’inizio, misterioso, sul piano della diffusione sociale si muove in modo piuttosto prevedibile a livello statistico. La matematica è quindi un suo nemico, mentre la cattiva raccolta dei dati è un suo alleato perché gli permette di mascherarsi.» Nella conclusione, gli autori mostrano come alcune informazioni fornite dai giornali non siano realmente significative e invitano ad affidarsi ai modelli compartimentali e ad un’analisi dei dati che cerchi il più possibile di avere una visione complessiva dell’evento.

«La matematica del virus» è accessibile davvero a chiunque e permette di vedere con più chiarezza come venga studiato il diffondersi dell’epidemia: togliendo lo strato superficiale di ignoranza matematica, permette di essere più consapevoli delle misure di contenimento che vengono adottate e quindi di collaborare meglio con le autorità nella loro applicazione. Roberto Battiston, molto impegnato nell’ambito della divulgazione scientifica, non poteva perdere un’occasione come quella della pandemia per migliorare la nostra consapevolezza matematica.

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Giovedì, 30 Luglio 2015 18:22

Il problema di matematica nella pratica didattica

TRAMA:

“L’attività di risoluzione di problemi è l’intima natura della matematica stessa”: nel libro di D’Amore troviamo a più riprese questa affermazione, che costituisce uno dei motivi per cui l’autore si è cimentato con questo scritto. E chi meglio di lui avrebbe potuto affrontare questo argomento? D’Amore “rappresenta una delle persone che negli anni ha contribuito maggiormente a far diventare una didattica disciplinare, la didattica della matematica, una vera e propria disciplina”. Addentrandosi in questa ricerca, l’autore si è ritrovato negli ambiti della pedagogia e della psicologia, dove si muove con un certo agio, considerata la laurea in pedagogia conseguita nel 1992. Il libro attuale, curato dalla casa editrice Digital Docet, è una rivisitazione di un testo edito nel 1993 da Franco Angeli, “Problemi, pedagogia e psicologia della matematica nell’attività di problem solving”: modificato e riveduto, con un arricchimento della bibliografia, ne conserva la struttura e le citazioni e affronta il tema della risoluzione dei problemi da più angolazioni. L’obiettivo di D’Amore è “di dare alle stampe un’opera che raccolga studi su questo delicato e interessantissimo problema didattico, ma che non sia solo teorico, bensì una fonte di ricche stimolazioni concrete per l’insegnante di scuola primaria, soprattutto, nella sua azione quotidiana”. In realtà, il testo è utilissimo anche per gli insegnanti della secondaria, visto che alcune delle considerazioni ivi presentate valgono per tutti i livelli scolastici. D’altra parte, con la promulgazione dei nuovi programmi per le scuole nel 1985, la matematica “assume finalmente un ruolo di rilievo non più solo strumentale ma educativo”, visto che “l’educazione matematica contribuisce alla formazione del pensiero nei suoi vari aspetti”. Come sostiene lo stesso Polya, matematico ungherese citato a più riprese nel testo, “risolvere problemi è un’impresa specifica dell’intelligenza e l’intelligenza è il dono specifico del genere umano” ecco perché si può considerare il risolvere problemi come “l’attività più caratteristica del genere umano”.

D’Amore esplora tutti gli ambiti: comincia con la motivazione, un problema psicologico, pedagogico, didattico, ma al tempo stesso affettivo, per incrementare la quale la famiglia ha il compito di apprezzare e sostenere la scuola. L’insegnante può lavorare sull’attivazione di comportamenti positivi, motivando e premiando, sollecitando, rendendo lo studente consapevole dei propri successi. D’altra parte, l’insegnante, soprattutto nella scuola secondaria, ha il difficile compito di “insegnare a pensare”, come ci ricorda Polya. È fondamentale che l’insegnante, non solo quello di matematica, aiuti lo studente nell’acquisizione di una conoscenza “ben strutturata” nelle singole discipline.

Non si può parlare di didattica della matematica senza far riferimento all’intuizione, il “centro nevralgico della risoluzione di un problema”. Non si possono insegnare le intuizioni, ma si può lavorare sulla conoscenza e sulle competenze: risolvere problemi, se fatto in autonomia e con piena consapevolezza, genera ulteriore competenza. Prima dell’intuizione, ogni studente ha bisogno di un tempo di latenza, durante il quale prepara il terreno per l’ispirazione, magari ricordando le proprie esperienze precedenti. In questo caso il ruolo dell’insegnante non è certo quello di intervenire in continuazione sollecitando o suggerendo: l’insegnante di matematica deve dimenticare la propria impazienza, conservando uno stato tranquillo, per “invitare implicitamente a ri-concentrarsi e a tornare al lavoro”.

Che dire poi del legame tra matematica e linguaggio? Viene ribadito a più riprese che l’educazione linguistica, in genere considerata dominio assoluto dell’ora di lettere, appartiene anche alla matematica, come si può capire nel momento in cui si chiede a uno studente di leggere con attenzione un problema o di fornire una motivazione del procedimento eseguito. La difficoltà di un problema, al di là della mancanza di intuizione, può palesarsi fin dall’inizio, con la difficoltà di comprensione del testo, con il blocco nel momento in cui si sta cercando la rappresentazione economicamente più vantaggiosa, per aiutare la propria immaginazione nella soluzione del problema.

Ripetere gli stessi problemi più e più volte ha senso solo nel momento in cui si vogliono dare degli automatismi (in tal caso, però, si fanno ripetere degli esercizi), ma non funziona in questo caso, visto che risolvere problemi significa “prendere decisioni”, valutare quali modelli applicare, scegliere un modello conveniente rispetto ad un altro. Ciò che realmente aiuta è la riflessione al termine dell’attività, per valutare la propria strategia, per acquisire nuove conoscenze, mentre l’insegnante sottolinea l’errore “con una bella dose di stupore, allegria, scherzo”.

 

COMMENTO:

Una lettura consigliatissima agli insegnanti di matematica! Durante la lettura, mi sono sentita guidata dall’autore, che, attraverso numerosi esempi e tantissimi aneddoti, ha stimolato la mia inventiva, facendo nascere in me numerose idee che conto di applicare in classe.

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