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Venerdì, 10 Luglio 2020 00:00

Comprendere e vivere la matematica nella docenza

«Comprendere e vivere la matematica nella docenza» è stato scritto al termine del percorso biennale del Master in Strategie e Tecnologie per la Professionalità Docente nella Società Multiculturale presso la UNED (Universidad Nacional de Educación a Distancia) ed è stato pubblicato da Ledizioni. L’autrice, Viviana Malvasi, è una docente di matematica presso le scuole superiori di secondo grado e, al termine del suo master, ha deciso di pubblicare questo lavoro, con la supervisione di Enrico Bocciolesi – dottore di ricerca in Scienza del libro e della scrittura per l’Università per Stranieri di Perugia e in Pedagogia presso l’Università di Jaén e professore invitato presso la UNED – e di Antonio Medina Rivilla – dottore di ricerca in Filosofia e Scienze dell’Educazione e dal 1987 professore ordinario presso l’UNED.

Partendo dal presupposto che la matematica sia «senza ombra di dubbio, la materia che nell’ambito scolastico spaventa di più i giovani studenti», Viviana Malvasi analizza i risultati delle prove Invalsi, sottolineando come ogni anno le rilevazioni ci descrivano un sistema scolastico disomogeneo, nel quale l’offerta formativa cambia da regione a regione, delineando un enorme divario tra Nord e Sud. Insegnante nel biennio di una scuola secondaria del Lazio, l’autrice ritiene che sia compito dell’insegnante adeguare la propria strategia al contesto e, quindi, modificare un approccio che, fino a questo momento, si è rivelato inefficace. «Con questo obiettivo nella testa e nel cuore, l’idea è stata quella di analizzare i risultati Invalsi per capire dove si doveva intervenire e, poi, di elaborare un metodo (più che un metodo, un nuovo approccio) che potesse far migliorare i miei studenti nei risultati delle prove Invalsi».

La prima parte del testo è dedicata a una solida fondamentazione teorica e, scorrendo l’indice e trovandovi un elenco di diverse competenze, ho pensato inizialmente che si parlasse delle competenze dello studente, scoprendo poi che erano competenze proprie dell’insegnante, non solo perché si può trasmettere solo ciò che si possiede già, ma anche perché «se agli studenti è richiesto di sviluppare determinate competenze, allora anche per i docenti è necessario sviluppare alcune competenze di base affinché possano svolgere al meglio la loro professione». Il capitolo successivo è dedicato alla formulazione progettuale ed in esso si presenta il Metodo 360, innovativo, inclusivo, interpretativo – nel senso che traduce il linguaggio matematico nella realtà e interpreta la realtà con un linguaggio matematico – e integrato, ovvero gestito in modo da offrire sia occasioni di collaborazione che autonomia, utilizzando risorse tecnologiche e strumenti classici. A più riprese, anche in questo capitolo, l’autrice sottolinea come l’insegnamento sia un lavoro dinamico, che si modifica sulla base delle sollecitazioni esterne, cambiando quando le strategie utilizzate si rivelano inefficaci. Nel terzo capitolo, viene descritto il contesto: una seconda superiore di venti alunni, alla quale a novembre 2016 è stata somministrata la prova Invalsi dell’anno precedente e, dopo l’applicazione del Metodo, a maggio 2017 ha svolto la prova ufficiale: dopo aver rilevato e analizzato i livelli di partenza, «analizzando i risultati raggiunti dai ragazzi, ho analizzato me stessa», Malvasi ha lavorato sulle tre dimensioni (conoscere, risolvere problemi, argomentare). Procedendo nel lavoro, si è resa conto di come non sia necessario conoscere per saper risolvere i problemi e ha quindi incentrato il lavoro proprio sulla soluzione dei problemi, una dimensione che più delle altre può motivare i ragazzi allo studio. Nelle attività proposte ai suoi alunni, l’autrice ha insistito sul peer tutoring, sul riconoscimento di ogni passo positivo e sulla soluzione dei problemi, chiedendo la rappresentazione del problema nella prima fase, aiutandosi con l’assegnazione dei ruoli, che vedeva protagonisti anche gli alunni più in difficoltà, perché ad essi veniva assegnato il compito di argomentare le soluzioni proposte.

La raccolta dei risultati ha permesso di riflettere anche sullo scarso coinvolgimento degli alunni e di notare come ogni classe abbia bisogno di attività personalizzate, che possano in qualche modo far emergere i punti di forza, per affrontare le difficoltà. Nel corso del processo, non bisogna mai perdere di vista i ragazzi che, con le loro reazioni, possono guidare il nostro operato: non dobbiamo dimenticare che, quando sono coinvolti e appassionati, i ragazzi hanno un comportamento adeguato al contesto scolastico. I miglioramenti rilevati non sempre hanno significato un aumento delle medie, ma spesso hanno portato a una diminuzione della deviazione standard, che quindi ha mostrato come la direzione sia quella giusta. «Si è chiamato Metodo 360, ma altro non è che un nuovo approccio all’insegnamento della Matematica. Un insegnante è bene tenga conto non solo della Dimensione del Conoscere, ma anche, e soprattutto, della Dimensione del Risolvere Problemi e dell’Argomentare. Dimensioni che, tra l’altro, aiutano a percepire la Matematica non solo come numeri ma come quello che dovrebbe essere: uno strumento che ci insegna ad analizzare, ragionare, escludere, interpretare, riflettere, trovare soluzioni.»

La lettura di questo libro, avvenuta tra l’altro al termine di un anno scolastico impegnativo e stimolante, è stata un modo per raccogliere nuovi suggerimenti in vista di una nuova partenza: il testo si propone non solo come un nuovo approccio all’insegnamento, ma come una riflessione attenta e ragionata. Non bisogna dimenticare che ogni nuovo anno scolastico costituisce una tappa nel percorso di miglioramento di ogni insegnante: in questo caso, l’esperienza di una collega diventa un modo per migliorarsi, dando il giusto peso all’organizzazione e alla programmazione del proprio lavoro e ponendo al centro della propria azione didattica le dimensioni dell’Argomentare e del Risolvere Problemi.

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«Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere» è il titolo di un libro pubblicato nel 2019 dalla Erickson, casa editrice che si occupa di didattica e psicologia. Autrice del libro è la dott.ssa Daniela Lucangeli, che chiunque si occupi di didattica conosce bene. Dopo una laurea in filosofia logica e una in psicologia, la dott.ssa Daniela Lucangeli vince un dottorato in Scienze Cognitive dello Sviluppo ed è così che arriva a conseguire il titolo di ordinario in psicologia dello sviluppo presso l’Università degli Studi di Padova. Il 6 novembre del 2019, Daniela Lucangeli ha ricevuto il Premio Internazionale Standout Woman Award, «per l’alto profilo degli studi da lei effettuati, volti a sostenere la crescita e lo sviluppo di bambini e adolescenti, e per il suo costante impegno mostrato nei servizi educativi e nei servizi clinici come supporto alle vulnerabilità evolutive».

I video con le sue conferenze fanno migliaia di visualizzazioni, non solo per ciò che dice, ma anche per la dolcezza con la quale ci spiega come dovrebbe essere una scuola di successo. Il libro è la trascrizione di cinque lezioni: «vengono messe per iscritto le mie parole, proprio come le ho pronunciate davanti alla gente in alcuni dei moltissimi congressi fatti per la scuola». I temi toccati sono quelli cari all’autrice: ha speso molti anni di ricerca per i temi trattati, ma il libretto (piccolo nelle dimensioni, ma non nella sua importanza) non ha il rigore di una ricerca scientifica. Sembra quasi che il consenso per la pubblicazione le sia stato in qualche modo strappato: «Ho deciso allora di seguire il fine, lo scopo dell’aiuto, pazienza per la forma poco prototipica nel linguaggio della scienza… con buona pace della mia esigenza di rigore metodologico.»

Ogni lezione si apre con una o più citazioni e si chiude con una piccola sintesi e con dei consigli di lettura. La prima lezione si intitola «La scuola dell’abbraccio» e si parla di come l’apprendimento avvenga più efficacemente con il sostegno e l’incoraggiamento dell’insegnante, perché «se un bambino studia con gioia nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva». La seconda lezione, «Sbagliando s’impara», sottolinea come l’intelligenza sia qualcosa che si modifica continuamente e invita gli insegnanti a ritrovare «la vera essenza della propria professione», perché «insegnanti e genitori devono essere prima di tutto consapevoli della loro funzione di catalizzatori: loro rendono possibili i progressi a cui i bambini tendono.» La terza lezione, che si apre con la citazione di Plutarco «La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere», si intitola «Verso il successo scolastico» e richiama ancora l’attenzione sulle emozioni sane che il bambino deve provare. La quarta lezione, «Stare male a scuola», contiene un monito importante, che da solo dovrebbe scatenare grandi riflessioni (e, personalmente, anche un po’ di ansia): gli insegnanti «modificano la struttura della persona che hanno davanti, giorno dopo giorno». L’ultima lezione, «Tutti bravi con i numeri», invita gli insegnanti a conoscere, per poter essere realmente efficaci.

È un libro che potrei citare dalla prima all’ultima parola. Grazie alla dott.ssa Lucangeli per il suo regalo, agli insegnanti, ai genitori, ma soprattutto ai bambini, perché il frutto di queste riflessioni non può che essere un miglioramento anche per i bambini. Dario Ianes, docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale all’Università di Bolzano, nella sua prefazione scrive: «Un libro da leggere se insegnate, se avete figli o nipoti che vanno a scuola, se siete cittadini interessati all’educazione e al futuro dell’istruzione perché vi farà pensare a come le cose potrebbero cambiare: con il coraggio e con il cuore.» Faccio mie le sue parole.

 

«Il nostro scopo, il nostro fine è il bambino, il resto è solo il mezzo, insegnamento compreso.»

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Domenica, 06 Marzo 2016 20:58

Instant matematica

“Dalle potenze alle equazioni: un metodo innovativo per usare i numeri divertendosi”: di fronte a un sottotitolo del genere, qualcuno potrebbe storcere il naso. Come possono coesistere nella stessa frase “divertimento” e “numeri”? Eppure, il fatto che gli autori siano un’insegnante di matematica, Elena Del Conte, e suo fratello, Marco, autore di numerosi programmi comici tra i quali Zelig, dovrebbe già darci un’idea del fatto che una simile “convivenza” è possibile. Il testo si rivolge ad adulti che vogliano “rappacificarsi con la materia”, ma anche, secondo me, a quegli alunni che si sentono in difficoltà e vogliono affrontare in autonomia il proprio recupero. I concetti sono semplici, visto che vanno dalle quattro operazioni alle equazioni, e consentono di mostrare anche tutte le applicazioni “reali” della matematica.

Diviso in nove capitoli, dei quali gli ultimi due sono dedicati ai giochi matematici e alla matematica in inglese, il libro ha un linguaggio semplice e, al tempo stesso, gli esercizi guidati, con ogni passaggio esplicitato e spiegato, aiutano ad orientarsi tra le difficoltà, che inevitabilmente possono costellare il percorso. Le illustrazioni aiutano a focalizzare i contenuti e, al tempo stesso, a sdrammatizzare un po’. Anche la presenza di Marco e della sua incapacità matematica ha proprio questo obiettivo: Marco è l’alunno che nessun insegnante vorrebbe, visto che si permette di fare battute e di provocare, ma Elena – grazie al rapporto privilegiato che esiste tra fratelli – può permettersi di dargli quelle risposte che nessun insegnante in classe potrebbe mai dare. E poi, la presenza di Marco è un aiuto: rende più leggera l’atmosfera con le sue battute, evidenzia le difficoltà, aiuta Elena a spiegare meglio i concetti, quando evidenzia le incomprensioni che nascono inevitabilmente dalla spiegazione di qualcosa.

Il cocktail matematica/umorismo è davvero perfetto e ben bilanciato: ottima idea!

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Giovedì, 30 Luglio 2015 18:22

Il problema di matematica nella pratica didattica

TRAMA:

“L’attività di risoluzione di problemi è l’intima natura della matematica stessa”: nel libro di D’Amore troviamo a più riprese questa affermazione, che costituisce uno dei motivi per cui l’autore si è cimentato con questo scritto. E chi meglio di lui avrebbe potuto affrontare questo argomento? D’Amore “rappresenta una delle persone che negli anni ha contribuito maggiormente a far diventare una didattica disciplinare, la didattica della matematica, una vera e propria disciplina”. Addentrandosi in questa ricerca, l’autore si è ritrovato negli ambiti della pedagogia e della psicologia, dove si muove con un certo agio, considerata la laurea in pedagogia conseguita nel 1992. Il libro attuale, curato dalla casa editrice Digital Docet, è una rivisitazione di un testo edito nel 1993 da Franco Angeli, “Problemi, pedagogia e psicologia della matematica nell’attività di problem solving”: modificato e riveduto, con un arricchimento della bibliografia, ne conserva la struttura e le citazioni e affronta il tema della risoluzione dei problemi da più angolazioni. L’obiettivo di D’Amore è “di dare alle stampe un’opera che raccolga studi su questo delicato e interessantissimo problema didattico, ma che non sia solo teorico, bensì una fonte di ricche stimolazioni concrete per l’insegnante di scuola primaria, soprattutto, nella sua azione quotidiana”. In realtà, il testo è utilissimo anche per gli insegnanti della secondaria, visto che alcune delle considerazioni ivi presentate valgono per tutti i livelli scolastici. D’altra parte, con la promulgazione dei nuovi programmi per le scuole nel 1985, la matematica “assume finalmente un ruolo di rilievo non più solo strumentale ma educativo”, visto che “l’educazione matematica contribuisce alla formazione del pensiero nei suoi vari aspetti”. Come sostiene lo stesso Polya, matematico ungherese citato a più riprese nel testo, “risolvere problemi è un’impresa specifica dell’intelligenza e l’intelligenza è il dono specifico del genere umano” ecco perché si può considerare il risolvere problemi come “l’attività più caratteristica del genere umano”.

D’Amore esplora tutti gli ambiti: comincia con la motivazione, un problema psicologico, pedagogico, didattico, ma al tempo stesso affettivo, per incrementare la quale la famiglia ha il compito di apprezzare e sostenere la scuola. L’insegnante può lavorare sull’attivazione di comportamenti positivi, motivando e premiando, sollecitando, rendendo lo studente consapevole dei propri successi. D’altra parte, l’insegnante, soprattutto nella scuola secondaria, ha il difficile compito di “insegnare a pensare”, come ci ricorda Polya. È fondamentale che l’insegnante, non solo quello di matematica, aiuti lo studente nell’acquisizione di una conoscenza “ben strutturata” nelle singole discipline.

Non si può parlare di didattica della matematica senza far riferimento all’intuizione, il “centro nevralgico della risoluzione di un problema”. Non si possono insegnare le intuizioni, ma si può lavorare sulla conoscenza e sulle competenze: risolvere problemi, se fatto in autonomia e con piena consapevolezza, genera ulteriore competenza. Prima dell’intuizione, ogni studente ha bisogno di un tempo di latenza, durante il quale prepara il terreno per l’ispirazione, magari ricordando le proprie esperienze precedenti. In questo caso il ruolo dell’insegnante non è certo quello di intervenire in continuazione sollecitando o suggerendo: l’insegnante di matematica deve dimenticare la propria impazienza, conservando uno stato tranquillo, per “invitare implicitamente a ri-concentrarsi e a tornare al lavoro”.

Che dire poi del legame tra matematica e linguaggio? Viene ribadito a più riprese che l’educazione linguistica, in genere considerata dominio assoluto dell’ora di lettere, appartiene anche alla matematica, come si può capire nel momento in cui si chiede a uno studente di leggere con attenzione un problema o di fornire una motivazione del procedimento eseguito. La difficoltà di un problema, al di là della mancanza di intuizione, può palesarsi fin dall’inizio, con la difficoltà di comprensione del testo, con il blocco nel momento in cui si sta cercando la rappresentazione economicamente più vantaggiosa, per aiutare la propria immaginazione nella soluzione del problema.

Ripetere gli stessi problemi più e più volte ha senso solo nel momento in cui si vogliono dare degli automatismi (in tal caso, però, si fanno ripetere degli esercizi), ma non funziona in questo caso, visto che risolvere problemi significa “prendere decisioni”, valutare quali modelli applicare, scegliere un modello conveniente rispetto ad un altro. Ciò che realmente aiuta è la riflessione al termine dell’attività, per valutare la propria strategia, per acquisire nuove conoscenze, mentre l’insegnante sottolinea l’errore “con una bella dose di stupore, allegria, scherzo”.

 

COMMENTO:

Una lettura consigliatissima agli insegnanti di matematica! Durante la lettura, mi sono sentita guidata dall’autore, che, attraverso numerosi esempi e tantissimi aneddoti, ha stimolato la mia inventiva, facendo nascere in me numerose idee che conto di applicare in classe.

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Venerdì, 02 Agosto 2013 21:15

Il matematico si diverte

TRAMA: 
«In fondo sono proprio gli indovinelli e gli enigmi i modi più indolori e stimolanti di avvicinare ragionamenti in cui la matematica è nascosta dietro le quinte, e non può dunque spaventare o preoccupare, perché non se ne percepisce neppure la presenza.» Con queste parole, Piergiorgio Odifreddi – nell’interessante prefazione – ci parla della ricchezza insita negli enigmi e nei giochi matematici presentati nel libro. E, in effetti, lo stesso Peiretti ci fornisce tre motivazioni che l’hanno spinto a scrivere questo libro: 
1. “Per portare in primo piano il lato divertente della matematica”. E il divertimento non manca, tra le pagine di questo libro: basta lasciarsi sfidare dai giochi proposti e provare a risolverli per conto proprio.
2. “Per dimostrare come attraverso il gioco si arrivi direttamente alla matematica”. Infatti, molti degli autori di giochi erano a loro volta matematici.
3. Per dimostrare come la matematica “sia essa stessa un gioco”. Affermazione sicuramente discutibile per molti, ma che dovrebbe diventare una profonda verità soprattutto per gli insegnanti di matematica: vivendola come gioco, forse sarebbe più facile trasmetterne il lato divertente.
Per questi motivi, “succede talvolta che il matematico parta da un semplice gioco mediante il quale arriva poi a scoprire nuovi teoremi e nuove, fondamentali, teorie”. 
Ogni capitolo, dedicato a un autore di giochi matematici, è strutturato in modo da presentarci innanzi tutto l’autore dei giochi, con alcune notizie biografiche e curiosità che lo riguardano, poi ci sono alcune importanti scoperte, alcuni giochi matematici proposti al lettore, le soluzioni e, eventualmente, delle appendici in cui i problemi vengono ulteriormente approfonditi o risolti matematicamente. Alla conclusione del capitolo, possiamo trovare un’ampia bibliografia, per approfondire ulteriormente l’argomento.
Gli autori proposti sono 18 e sono disposti in ordine cronologico: si comincia con AHMES, uno scriba dell’Antico Egitto, divenuto famoso per il papiro di Rhind, che ha copiato “al tempo del re dell’Alto e del Basso Egitto Nemaatre”. Il secondo capitolo è dedicato a PITAGORA e all’aritmogeometria, il terzo a ARCHIMEDE, il più grande matematico dell’antichità, e vengono proposti alcuni interessanti giochi geometrici; nel quarto capitolo, troviamo ALCUINO, monaco e poeta, vissuto nell’VIII secolo, autore della prima raccolta in lingua latina di problemi divertenti, noto ai più per il problema della capra e dei cavoli. BACHET, vissuto nel XVII secolo, è un personaggio minore nella storia della matematica, ma di grande importanza nella storia dei giochi. Il sesto capitolo è dedicato al grande EULERO, che per il divertimento e l’istruzione di figli e nipoti proponeva problemi matematici che dimostrano una grande capacità divulgativa: i numeri primi e la topologia sono gli argomenti dei giochi proposti da Peiretti. MÖBIUS, che scoprì il proprio amore per la matematica grazie a Gauss, è ricordato soprattutto per il suo anello, dal quale possono nascere parecchi problemi interessanti. LEWIS CARROLL, celebre come autore di “Alice nel paese delle meraviglie”, non è un grande matematico, ma ha una buona conoscenza della materia. SAM LOYD è stato riconosciuto come il miglior enigmista d’America: è noto soprattutto per il Gioco del 15 e bellissima è la rassegna di problemi divertenti proposta da Peiretti. Interessante la citazione che conclude il capitolo: “Quello che si studia con diletto non sarà mai più dimenticato, ma la conoscenza non si può mettere in testa a forza. L’insegnante non deve insegnare regole a memoria; ogni cosa dev’essere spiegata in modo tale che gli studenti possano riformulare le regole nel proprio linguaggio. L’insegnante che insegna soltanto regole sarà bravo unicamente per addestrare pappagalli.” LUCAS, ottimo matematico, è noto per aver inventato il gioco della Torre di Hanoi, reperibile in qualsiasi negozio di giochi. BALL, matematico, è noto per la Mathematical Recreations and Essays, un’enciclopedia dei giochi matematici, ancora attuale e di grande interesse. Nel dodicesimo capitolo, si parla di DUDENEY, che – secondo Martin Gardner – “potrebbe essere considerato il più grande enigmista che sia mai esistito”: il suo libro più noto è The Canterbury Puzzles, che ha come protagonisti i pellegrini dei Canterbury Tales di Chaucer. HEIN è un poeta e matematico danese, noto – oltre che per i suoi aforismi contro il nazismo – per il Cubo Soma, un gioco matematico formato da sette pezzi con i quali si deve ricostruire un cubo. Il quattordicesimo capitolo è dedicato a MARTIN GARDNER, il più grande esperto in giochi matematici del XX secolo, autore di oltre un centinaio di libri e di migliaia di articoli dedicati a giochi e problemi divertenti di matematica. FEYNMAN è stato uno degli scienziati più popolari: ha partecipato al progetto Manhattan e ha vinto il premio Nobel nel 1965 per i suoi studi sull’elettrodinamica quantistica. Nel capitolo a lui dedicato, sono descritte le strisce di carta note come esaflexagoni, portate al successo da Gardner, e l’intrigante puzzle di Feynman. PENROSE, uno dei più noti scienziati inglesi, è sempre stato affascinato dalle tassellature, in particolare da quelle non periodiche, che hanno permesso di chiarire la disposizione degli atomi nei quasicristalli. GOLOMB, matematico e ingegnere, è diventato popolare per i suoi studi sui polimini, noti ai più grazie al videogioco di Tetris. Il libro si conclude con i numeri surreali di CONWAY, uno dei più grandi matematici viventi: egli considera la matematica “il più bel gioco inventato dall’uomo”. Uno dei giochi più affascinanti da lui inventato è il Gioco della Vita, diventato popolare grazie alle versioni per computer.
 
COMMENTO:
Lettura stimolante, che offre un vasto repertorio di giochi con i quali misurarsi. Certo, non si può leggere come un romanzo, perché, come ci dice l’autore stesso: «È bene tener presente che per capire la matematica, anche soltanto di gioco, non è sufficiente “leggere”, ma è necessario “fare” matematica, con esercizi e riflessioni personali.»
Purtroppo, nel libro sono presenti numerosi errori di stampa, che possono indurre in errore nella soluzione dei giochi. Inoltre, alcune soluzioni (poche, per la verità) non sono spiegate: viene dato solamente il risultato. Nonostante questo, la lettura è consigliatissima a tutti!
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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:32

Noi e i numeri

TRAMA:

Fin dall’antichità, l’uomo si è fatto aiutare dai numeri e, nel momento in cui l’organizzazione sociale è diventata più complessa, essi sono diventati indispensabili per gli scambi commerciali. Dai pezzi di osso sui quali erano riportate tacche che indicavano la numerosità di un insieme, i sistemi di numerazione si sono evoluti diventando posizionali, a base 10 e con l’irrinunciabile presenza dello zero, che gli europei hanno conosciuto solo nel XII secolo.

Riuscire a distinguere tra numerosità è vantaggioso anche per l’evoluzione degli animali, ma per quanto tale capacità sia più che buona, essa si limita a quantità piuttosto piccole e decisamente diverse tra loro. Sarebbe quindi insensato attribuire agli animali una naturale predisposizione ad apprendere l’aritmetica simbolica. Un discorso diverso e al tempo stesso simile si può fare per i bambini piccoli: alcuni ricercatori hanno dimostrato che i bambini già a quattro mesi di vita sono sensibili alla numerosità. Solo a partire dagli anni Ottanta gli psicologi evolutivi si sono posti delle domande riguardo alle abilità aritmetiche dei bambini, mentre prima di allora c’era la convinzione che solo la continua interazione con il mondo esterno favorisse la graduale comparsa delle abilità logico-matematiche. Come si è dimostrato, i bambini sviluppano del tutto spontaneamente molteplici procedure di calcolo, che con la memorizzazione e la pratica possono permettere a un bambino di diventare un abile calcolatore.

A metà del XIX secolo Sir Francis Galton, cugino di Charles Darwin e strenue sostenitore dell’ereditarietà delle abilità intellettive, riconosceva nell’entusiasmo e nell’applicazione gli ingredienti essenziali dell’eccellenza, per quanto la passione e l’esercizio non bastino da soli ad ottenere grandi risultati. Ci sono infatti persone per le quali la matematica costituisce una dura fatica, ma solo negli ultimi anni si è imparato a riconoscerne i disturbi di apprendimento e le difficoltà di calcolo. Al di là delle oggettive difficoltà cognitive, la matematica resta comunque l’unica materia che riesce a suscitare una così grande antipatia in chi la deve studiare, l’unica ad essere fonte di un’ansia tale da arrivare a generare il fallimento nelle prestazioni in cui è coinvolta. Se si riuscisse in qualche modo a diminuire la distanza della matematica dalla realtà, mostrando quanto i numeri e il loro uso siano parte integrante della quotidianità, l’insegnamento sarebbe più efficace. Secondo l’autrice, diventa utile integrare il più possibile situazioni scolastiche ed extrascolastiche, perché il riferimento a contesti familiari aumenta il senso di fiducia e di competenza di colui che sta imparando.

Con la nascita della neuropsicologia e lo studio delle lesioni cerebrali, si è potuto comprendere qualcosa di più del funzionamento del cervello e possiamo dire con ragionevole certezza che il cervello umano, grazie a una lunga evoluzione biologica, è dotato di circuiti neurali dedicati localizzati a livello delle aree parietali di entrambi gli emisferi, su cui si fonda il nostro senso della quantità.

 

COMMENTO:

In forma più semplice de Il pallino dei numeri di S. Dehaene, in cui è possibile ritrovare tutti i temi qui trattati affrontati con maggior respiro, l’autrice cerca di dare una risposta al difficile quesito se esista o meno un “bernoccolo” della matematica. La Girelli afferma che ciò che più influenza il nostro modo di affrontare la matematica è il metodo di insegnamento usato: Ciò che rende un bambino un brillante futuro matematico o un esitante e ansioso calcolatore non è da cercare nel suo cervello, ma è soprattutto nei tempi e nei modi in cui gli è stato svelato il mondo dei numeri e questo, in un certo senso, apre il cuore di ogni alunno alla speranza. Infatti, è sempre possibile cambiare il proprio atteggiamento nei confronti della matematica ed ottenere risultati più brillanti: non devono mancare fiducia in se stessi, entusiasmo, passione e una buona memoria.

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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:20

Giocando con l'infinito

TRAMA:

Dalle quattro operazioni con i numeri naturali, dai sistemi numerici e dai criteri di divisibilità, fino ad arrivare alla teoria di Galois, alla teoria dei gruppi e alla questione dell’indecidibile, ecco la scansione dei capitoli di questo libro, suddiviso in tre parti: 

PARTE PRIMA: L’APPRENDISTA STREGONE

1.        Giocare con le dita (Addizione, moltiplicazione, elevazione a potenza)

2.        Le “curve della temperatura” delle operazioni (Volume del cubo. Rappresentazione grafica delle funzioni)

3.        Ripartire la successione infinita dei numeri (Sistemi numerici. Criteri di divisibilità)

4.        L’apprendista stregone (Progressioni aritmetiche. Area del rettangolo e del triangolo)

5.        Variazioni su un tema fondamentale (Diagonali di poligoni convessi. Accoppiamenti. Formula relativa. Nota: Topologia, congruenze e similitudini, solidi regolari)

6.        Percorriamo tutte le possibilità (Teoria delle combinazioni. Induzione matematica. Quadrato di un binomio)

7.        Coloriamo la monotona successione dei numeri (Decomposizione in fattori primi. Distribuzione dei numeri primi. Legge dei numeri primi)

8.        “Ho pensato un numero…” (Equazioni. Impossibilità di risolvere equazioni di quinto grado; teoria di Galois)

 

PARTE SECONDA: LA FUNZIONE CREATIVA DELLA FORMA

9.       Numeri divergenti (Numeri negativi. Vettori. Principio di permanenza delle proprietà formali)

10.     Densità illimitata (Operazioni con le frazioni. Media aritmetica. Insiemi ovunque densi. Il numero cardinale dei razionali)

11.     Afferriamo di nuovo l’infinità (La trasformazione in decimali delle frazioni e viceversa. Il principio della scatola. Serie infinite)

12.     Completiamo la retta numerica (Numeri irrazionali. Teorema di Pitagora. Il numero cardinale dei numeri reali)

13.     Le curve diventano regolari (Tavole logaritmiche. L’estensione del concetto di potenza. Curve regolari. Iperboli. Divisione per zero)

14.     La matematica è una sola (Concetto generale di funzione. Geometria analitica. Nota: (a) funzioni circolari (seno e coseno), approssimazione di funzioni periodiche; (b) geometria proiettiva, invarianti)

15.     Gli elementi “virgola” (La retta all’infinito. Numeri complessi. Relazioni fra le funzioni circolari e la funzione esponenziale. Il teorema fondamentale dell’algebra. Lo sviluppo delle funzioni in serie di potenze)

16.     Segreti di laboratorio (La direzione della tangente. La derivata. Massimi e minimi di una funzione)

17.     “Molti piccoli fanno un grande” (Integrali indefiniti e definiti. Il calcolo delle aree)

 

PARTE TERZA: L’AUTOCRITICA DELLA RAGIONE PURA

18.     Eppure vi sono differenti tipi di matematica (Quadratura del cerchio. Numeri trascendenti. Il sistema assiomatico di Euclide. La geometria di Bolyai. Diversi tipi di geometria. Nota: la quarta dimensione)

19.     L’edificio vacilla (Teoria dei gruppi. Teoria degli insiemi. Antinomie. Intuizionismo)

20.     La forma diventa indipendente (Logica simbolica)

21.     Davanti al tribunale della matematica (Teoria della dimostrazione. Metamatematica. La dimostrazione di non contraddittorietà dell’aritmetica. L’ipotesi del continuo. Nota: L’assiomatizzazione dell’analisi)

22.     Di cosa non è capace la matematica? (Problemi non decisi e problemi indecidibili rispetto a certi strumenti. La questione dell’indecidibile)

 

COMMENTO:

Corrado Mangione, logico e filosofo italiano, è stato il curatore dell’edizione italiana del 1973 di quest’opera. Introducendo l’opera, nella “Nota all’edizione italiana”, ci fa conoscere il suo giudizio: “Il discorso, specie all’inizio, sembra, più che elementare, quasi pedante e infantile; però presto si avverte una profonda conoscenza dietro di esso e una rara maestria nel raccordare fra loro concetti di diverso grado di difficoltà e di rilievo del tutto differente; e si resta via via stupiti dalla varietà degli argomenti che vengono toccati”. La stessa autrice, Rózsa Péter, ci dice che “Questo libro è scritto per coloro che hanno interessi intellettuali ma non sono matematici; è scritto per letterati, artisti, cultori di scienze umanistiche”. Ecco perché le spiegazioni sono semplici, accessibili a tutti, ma non annoiano gli esperti della materia. Per l’insegnante, il testo offre importanti spunti didattici; per gli alunni, la presentazione della matematica, chiara e completa, permette una maggiore comprensione della disciplina, pur partendo dal presupposto che, come ci dice l’autrice, anche il lettore ha degli obblighi per capire fino in fondo la trattazione: “Il lettore deve seguire le poche istruzioni, deve studiare davvero le figure, provare a fare semplici disegni e calcoli quando glielo si consiglia”. 

“Sono portata a credere che una delle origini della matematica sia la natura giocosa dell’uomo, e per questa ragione la matematica non è solo una scienza, ma almeno allo stesso grado, anche un’arte.”

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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:58

Il pallino della matematica

TRAMA:
Attraverso un attento esame degli animali e dei bambini, l’autore ci convince innanzi tutto che le nostre competenze matematiche hanno radici biologiche. Nel mondo animale, l’aritmetica è molto diffusa, forse anche grazie al vantaggio selettivo che essa procura, ma i numeri percepiti dagli animali non sono quantità esatte. Gli uomini sono dotati di una rappresentazione mentale delle quantità molto simile a quella che ha un animale. Nel corso degli anni Ottanta, in bambini di meno di sei mesi e persino in neonati di qualche giorno, sono state riscontrate autentiche capacità numeriche: neonati di tre o quattro giorni sono in grado di distinguere il 2 dal 3, e sanno che 1+1=2. L’assenza di un linguaggio non impedisce i calcoli numerici elementari, anche se le abilità del bambino sono limitate agli aspetti più semplici dell’aritmetica. La sola nozione aritmetica di cui il bambino sembra essere privo è forse la relazione di ordine, ma in ogni caso è un matematico migliore di quanto immaginassimo.
Come ha fatto l’uomo a superare lo stadio dell’approssimazione dei numeri? Pare che la numerazione più evoluta passi attraverso il conto delle diverse parti del corpo, per arrivare alla notazione posizionale in base 10, che ha semplificato i calcoli, l’apprendimento, la lettura, la scrittura… Nonostante la semplicità del nostro sistema di numerazione, però, un numero elevato di persone commette errori nei calcoli più elementari. Eppure a tre anni e mezzo un bambino si destreggia già nell’arte del contare e tra i quattro e i sette anni, non solo capisce i calcoli che fa, ma li sceglie molto accuratamente. Purtroppo, cominciando a frequentare la scuola, si passa a un’aritmetica imparata a memoria e nascono le prime difficoltà: le tabelle della moltiplicazione e dell’addizione, a causa della loro struttura, non sono certo facili da imparare e fatichiamo a conservarle in compartimenti separati. Forse sarebbe utile modificare i metodi di insegnamento, interrogandoci sull’opportunità di inculcare gli algoritmi di calcolo a viva forza nella mente dei bambini. L’autore sostiene che un uso ragionato della calcolatrice potrebbe liberare il bambino dagli aspetti fastidiosi e meccanici del calcolo, permettendogli di concentrarsi sul significato e aiutandolo a sviluppare il suo senso naturale di approssimazione. 
Cosa distingue Einstein, o comunque un uomo dalle prodigiose capacità di calcolo, da un comune mortale? Il genio è un dono innato, legato a un’organizzazione cerebrale diversa o è il risultato di anni di allenamento all’aritmetica? L’ipotesi di un legame diretto tra la misura del cervello e l’intelligenza è stata rifiutata, come pure quella di una superiorità maschile. Numerosi ricercatori si sono sforzati di trasformare, con un intenso allenamento, studenti normali in prodigi di memoria o di calcolo e i risultati dimostrano che la passione può generare il talento. 
Seguendo i numeri fin dentro la corteccia cerebrale, attraverso la neuropsicologia conoscitiva e le nuove immagini del cervello in azione, l’autore spiega che l’idea che il pensiero possa essere localizzato in un piccolo numero di regioni cerebrali è stata abbandonata. Infatti, ciascuna operazione aritmetica fa entrare in attività una rete cerebrale estesa e la logica e il calcolo sono proprietà accessibili soltanto a cervelli opportunamente educati. La difficoltà della matematica è dovuta, secondo l’autore, all’architettura del nostro cervello, inadatta a lunghe catene di ragionamenti simbolici.
 
COMMENTO:
Lettura interessante sia per gli insegnanti, che possono trovare interessanti suggerimenti per far odiare un po’ meno la matematica agli alunni, sia per gli alunni, che hanno la possibilità di convincersi che il talento per la matematica non è unicamente un dono innato.
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