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Giovedì, 01 Agosto 2013 16:01

La solitudine dei numeri primi

TRAMA:
Mattia e Alice: due ragazzi decisamente problematici. 
Alice porta sul suo corpo le conseguenze di un gesto avventato compiuto a sette anni: è rimasta zoppa a causa di una caduta con gli sci, sport che non amava ma che era costretta a praticare dal padre, che già la vedeva campionessa. Mattia porta nel cuore un segreto: da piccolo ha abbandonato in un parco la gemella ritardata Michela, mai più ritrovata, per andare alla festa di compleanno di un compagno di classe.
Alice si punisce con l’anoressia, che segna il suo corpo e mina i suoi rapporti con gli altri. Mattia si punisce ferendosi con oggetti appuntiti e le sue mani portano i segni di questo suo tentativo di fuggire a un passato pesante: forse sono i sintomi dell’autismo. 
Si incontrano da adolescenti e compiono insieme il cammino che li porterà all’età adulta, vicini, ma lontani, proprio come due primi gemelli: sospettosi, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero in quanto separati da un solo numero. 
Al termine della scuola superiore, Mattia si iscrive a matematica, supera brillantemente tutti gli esami e si laurea con il massimo dei voti; Alice ha abbandonato la scuola e si dedica alla fotografia, mentre la madre si sta lentamente spegnendo in un letto d’ospedale per un male incurabile. È andando a trovare la madre che conosce Fabio: diventa suo marito, nonostante lei non lo ami. Mattia è in Inghilterra, allontanato da lei dalla sua passione per la matematica e dalla sua incapacità di lasciarsi avvicinare. 
Quando il matrimonio con Fabio va in crisi, Alice deve fare i conti con se stessa e con la propria malattia. Mentre in ospedale aspetta che il destino le faccia incontrare di nuovo il marito, le sembra di riconoscere Michela, la gemella di Mattia, in una ragazza ritardata. Decide quindi di far tornare Mattia in Italia, perché possa conoscere la verità sulla sorella e lasciarsi finalmente alle spalle il suo doloroso passato.
Ma le cose non vanno come lei aveva previsto.
 
COMMENTO:
Storia coinvolgente, ma a tratti sconvolgente, per i tratti vivaci con cui viene dipinto il disagio psichico dei due protagonisti. In un intreccio continuo, le due storie si dipanano dalla fanciullezza all’età adulta, fino a quando entrambi, ognuno a proprio modo, trovano la propria strada.
Non è una lettura difficile: matematica e fisica fanno capolino ogni tanto nel racconto, soprattutto visto che Mattia studia matematica all’università, ma la precedenza spetta alla vicenda, alle difficoltà della crescita che i due protagonisti incontrano.
Come dice Gian Italo Bischi nella sua recensione per il Pristem: “Una storia interessante e toccante, raccontata con linguaggio essenziale ma per niente banale, lineare ma ricco di importanti sensazioni, dettagli, metafore, alcune delle quali tratte proprio dalla Matematica e dalla Fisica. Anzi, possiamo dire che, pur parlando di problemi di altra natura, l’autore ha lasciato molte impronte digitali – da fisico – sparse un po’ ovunque nel libro.”
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Giovedì, 01 Agosto 2013 15:59

L'algoritmo del parcheggio

TRAMA:
Ci si può chiedere di tutto, ci si deve interrogare su tutto! È il principio della scienza.” Questo è il principio alla base di questo libro. Il protagonista è il signor I.C.S., iniziali che stanno per Io Che Sononegatoperlamatematica: una mattina, il signor I.C.S. si sveglia e, scoprendo la matematica nella sua quotidianità, si accorge di quanto sia affascinante e divertente. E così comincia a porsi domande e problemi in ogni momento della sua quotidianità. Non è necessario riuscire a risolvere tutti i problemi che ci poniamo, ma si possono usare come punti d’appoggio verso una maggiore consapevolezza del mondo in cui viviamo.
L’obiettivo del libro è divertirsi ragionando e Honsell ci fa scoprire la media armonica, la geometria sferica, l’algoritmo dicotomico, i sistemi di numerazione, gli algoritmi di ordinamento e il paradosso di Olbers in alcuni piccoli divertenti enigmi e nessuno di questi problemi, per quanto elementare, è per così dire fine a se stesso. Ognuno di essi, infatti, parte da un semplice gioco e conduce al cuore di affascinanti questioni matematiche. E così l’esplorazione continua: Honsell analizza i proverbi e ritrova il calcolo della probabilità proprio analizzando l’algoritmo del parcheggio e altri simili problemi, ricordando che è importante “saper porre problemi”, ma anche non stancarsi di discuterli.
 
COMMENTO:
“Il lato divertente della matematica”: il sottotitolo è decisamente azzeccato. Honsell presenta una rassegna di problemi divertenti, che incuriosiscono in quanto inaspettati proprio perché formulati a partire dalla quotidianità.
“Progetti, interpretazioni, ricostruzioni, cause, problemi e procedure sono sfide che tutti i ricercatori di qualsiasi disciplina devono affrontare prima o poi, ma ogni ricercatore ne sente una in modo più forte rispetto alle altre. Cari lettori, qual è la sfida che cercate di vincere voi giorno per giorno nel vostro mestiere?”.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 15:57

I cinque di Cambridge

TRAMA:
“I cinque di Cambridge” è una fiction scientifica. È l’autore stesso a spiegarci che è un’opera che tenta di trasferire in uno scenario fittizio le questioni intellettuali e conoscitive su cui si confrontano gli esseri umani impegnati nel modellare la scienza e la tecnologia del proprio futuro.
Casti ipotizza che nel giugno del 1949 il celebre romanziere e fisico C.P. Snow abbia discusso con Sir Ben Lockspeiser, primo scienziato di Sua Maestà, e Sir Henry Tizard, consulente scientifico del ministro della Difesa, della questione delle macchine pensanti. I due scienziati gli avrebbero chiesto di sondare la comunità scientifica e Snow avrebbe quindi organizzato una cena, invitando il genetista J.B.S. Haldane, il matematico Alan Turing, precursore della struttura logica degli attuali calcolatori digitali, il filosofo Ludwig Wittgenstein e il fisico premio Nobel Erwin Schrödinger, famoso per il suo lavoro sulla meccanica quantistica.
Il pensiero di Snow ci viene chiarito fin dall’inizio: tutte le discipline universitarie e le competenze scientifiche e filosofiche raccolte questa sera intorno al tavolo dovrebbero poter chiarire se l’intuizione da parte di Turing di una macchina pensante sia solo una fantasia accademica o abbia qualche fondamento reale. Durante la cena, si crea un conflitto di idee tra Wittgenstein e Turing: il primo ha scelto di partecipare alla cena per curiosità, il secondo alla ricerca di una serata interessante, convinto di poter contribuire a fare chiarezza sull’argomento.
Turing espone ai commensali il funzionamento delle macchine calcolatrici e descrive i risultati che gli hanno fornito le basi per l’analogia macchina-cervello, ma dispera di riuscire a convincere gli altri dei suoi risultati, mentre Wittgenstein si agita e si infervora sempre di più per contestare il matematico. Il discorso prosegue analizzando il legame esistente tra linguaggio e pensiero: Turing propende per un organo linguistico nel cervello che fornisce una struttura sintattica universale; Wittgenstein ci dice che l’essenza del linguaggio è il significato, che può essere acquisito solamente in un contesto sociale. Entrambi sostengono che l’uomo ha bisogno di una vita sociale per sviluppare le proprie facoltà intellettuali e il discorso prende quindi in esame altri aspetti della cultura umana: la religione, l’arte, la letteratura e altre attività artistiche. 
Nella conclusione, Casti ci mette a conoscenza degli odierni progressi in termini di Intelligenza Artificiale: non è detto che non si possano costruire macchine pensanti, ma sicuramente le cose non sono così semplici come si pensava negli anni Cinquanta.
 
COMMENTO:
Casti è molto bravo a mettere in scena la sua fiction: sembra di assistere davvero alla cena dei cinque di Cambridge, di sentire i loro battibecchi, di cogliere i lunghi silenzi e le sfuriate di Wittgenstein, la ritrosia di Turing che fa da contraltare al suo entusiasmo.
Il discorso non è certamente semplice – l’Intelligenza Artificiale affascina, ma coinvolge elevati discorsi filosofici e implica complicate connessioni logiche – eppure Casti è molto bravo e le spiegazioni sono veramente alla portata di tutti.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 15:50

Sophie Germain una matematica dimenticata

TRAMA:
Sophie Germain nasce il primo aprile del 1776. A tredici anni scopre il suo interesse per la matematica, leggendo la “Storia della matematica” di Jean-Étienne Montucla, trovato nella biblioteca paterna. Leggendo l’episodio di Archimede, arriva a concludere che se l’analisi di un problema geometrico poteva essere tanto interessante da anteporsi alla preoccupazione per la sopravvivenza, quello della matematica doveva essere veramente un mondo affascinante
Studia da autodidatta, contravvenendo gli ordini della famiglia, contraria a questa sua passione, ma dal 1794 può frequentare l’École Polytechnique, assumendo l’identità di un ex studente, tale Antoine-Auguste Le Blanc. Tra gli insegnanti, Lagrange restò colpito dall’ingegnosità di Le Blanc e chiese un incontro, durante il quale la Germain fu costretta a rivelare la propria identità. In Lagrange Sophie trovò un amico e finalmente un insegnante. Lagrange la mise a conoscenza dell’esistenza del problema dell’Ultimo Teorema di Fermat e, arrivata a un risultato importante, Sophie osò scrivere a C.F. Gauss, firmandosi con il suo pseudonimo. La lettera di Sophie suscitò in Gauss viva impressione e stupore per la profondità dei risultati da lei ottenuti
Nel 1806, a seguito dell’invasione della Prussia da parte di Napoleone, Sophie intervenne presso un generale, amico del padre, perché facesse in modo che Gauss non corresse pericoli. Fu così che Gauss venne a conoscenza della vera identità della Germain: “… quando una persona del suo sesso che, secondo i nostri costumi e pregiudizi, deve incontrare difficoltà infinitamente superiori a quelle degli uomini nel familiarizzare con queste scabrose ricerche, riesce nondimeno a sormontare gli ostacoli ed a penetrare le parti più oscure della materia, allora senza dubbio ella deve possedere il coraggio più elevato, talenti straordinari e un genio superiore.
A seguito dei suoi lavori, ricevette una medaglia dall’Institut de France e fu la prima donna ammessa a seguire le lezioni dell’Accademia delle Scienze. Ricevette un premio di 3000 franchi da Napoleone, ma non si presentò a ritirarlo, a causa della sua timidezza. 
Grande fu il suo lavoro: la sua influenza sulla comunità scientifica era tale da far eleggere Fourier come segretario perpetuo all’Accademia delle Scienze e fu l’unica a rendersi conto delle capacità di Galois.
Proprio a seguito delle sue abilità, Gauss chiese e ottenne che l’Università di Gottinga le conferisse una laurea “honoris causa”, ma ella morì, il 26 giugno del 1831, prima che le venisse conferita.
 
Le lettere presenti nel testo sono in ordine cronologico, vanno dal 1802 al 1831. Sono ventiquattro lettere, ma l’ultima è di Sophie Germain e indirizzata a Guglielmo Libri. Una lettera è del Libraio Bernard alla madre, ma le altre sono tutte per lei: tra i matematici Cauchy (due), Delambre (due), Fourier (sei), Gauss (una), Lagrange (una), Legendre (quattro), Navier (una), Poisson, nei confronti del quale non nutriva una buona opinione (una). Poi c’è una lettera di Choron, teorico della musica, una di D’Ansse de Villoison, ellenista, una di Tessier, medico e una di Libri, storico.
Seguono alcune citazioni della Germain e alcune indicazioni biografiche degli autori delle lettere.
 
COMMENTO:
Il libro costituisce un semplice assaggio, che lascia, però, la bocca un po’ asciutta. Troppo scarne sono le notizie di Sophie Germain: il libro basta per intuirne la grandezza e l’originalità, ma non per gustarne fino in fondo l’impatto che essa ha avuto sui suoi contemporanei. Per quanto riguarda le lettere, manca un filo conduttore che faccia capire meglio il loro significato e che le possa collocare meglio nella vita della Germain. 
Rispetto alla biografia di Galois, il lavoro sulla Germain appare quindi scarno, povero. Si sarebbe potuto scrivere molto di più…
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Giovedì, 01 Agosto 2013 15:43

L'enigma dei numeri primi

TRAMA:
L’introduzione della dimostrazione segna il vero inizio della matematica: l’intuizione da sola non basta e non serve nemmeno la verifica caso per caso, che potrebbe essere svolta da un computer. Gauss, principe dei matematici, dà un senso pieno alla dimostrazione e trova una certa regolarità nei numeri primi stabilendo che i numeri primi inferiori a un certo numero N sono N/lnN. Legendre perfeziona questa formula e nasce un’aspra disputa tra i due, vinta da Gauss che aveva effettuato un’analisi teorica, nettamente superiore ai tentativi del rivale.
Nel novembre del 1859, Riemann pubblica un saggio, di sole dieci pagine, nelle note mensili dell’Accademia di Berlino: solo dieci pagine perché, essendo un grande perfezionista, voleva pubblicare solo dimostrazioni rigorose. Determina una formula che fornisce il numero esatto di primi non maggiori di N, ma non va oltre: fuggendo dall’esercito invasore nel 1866, Riemann muore in Italia a soli trentanove anni e la sua solerte governante distrugge molti dei suoi appunti inediti, prima che qualcuno riesca a fermarla. Fra le sue carte, la dimostrazione non è mai stata trovata e fino a oggi i matematici non sono stati in grado di replicarla.
Agli inizi del Novecento, Hilbert riporta al centro dell’attenzione l’ipotesi, con il suo discorso al Congresso Internazionale dei matematici, nel quale elenca una serie di ventitre problemi, ritenendoli la linfa vitale della matematica: fra di essi l’ipotesi di Riemann, che secondo lui avrebbe sicuramente aperto nuove vie.
Con la seconda guerra mondiale e l’avvento del nazismo, l’Europa perde la propria centralità e molti matematici trovano rifugio a Princeton: Siegel, Selberg, Erdős,… fanno importanti passi avanti ma non giungono a una dimostrazione completa dell’ipotesi. Turing avrebbe solo potuto trovare un eventuale errore di Riemann, con il computer che consente solo di valutare ogni singolo caso. Fino ad ora ha permesso di trovare che 300 milioni di zeri si trovano sulla retta, facendo vincere a Enrico Bombieri due bottiglie di ottimo bordeaux in una scommessa contro Don Zagier: trecento milioni di zeri non sono una dimostrazione, ma una gran massa di indizi.
Con l’avvento di Internet, la teoria dei numeri ha assunto un ruolo di primo piano nelle applicazioni, visto che la cifratura RSA (da Rivest – Shamir – Adleman), che salvaguarda gran parte delle transazioni che avvengono su Internet, è basata sulla scomposizione di numeri con un elevato numero di cifre. L’ipotesi di Riemann aiuterebbe a capire la distribuzione dei numeri primi e cambierebbe anche la scomposizione dei numeri molto grandi: per ora contribuisce “solo” ad arricchire questa “odissea intellettuale” che non ha ancora avuto un lieto fine.
 
COMMENTO:
Libro molto interessante, spiegato con estrema semplicità e chiarezza. L’ipotesi di Riemann è la protagonista di una storia della matematica ricca di vicende umane, che si apre con il pesce d’aprile di Bombieri a dimostrazione del fatto che anche nella matematica più seria c’è spazio per l’umorismo. 
Adatto anche per studenti delle superiori.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 14:26

Il disordine perfetto

TRAMA:
Cos’è la simmetria? Questa è la prima domanda cui Marcus du Sautoy cerca di dare una risposta: la simmetria indica qualcosa di speciale che il nostro cervello sembra programmato per cogliere. 
A partire dai tempi dei greci, Platone aveva cominciato uno studio sistematico dei solidi simmetrici che devono a lui il loro nome, considerandoli capaci di trascinare l’anima verso verità più profonde. I musulmani hanno proseguito questo studio, come dimostrato dal palazzo dell’Alhambra, nel quale sono presenti tutte le 17 simmetrie possibili. Per i musulmani, non è possibile raffigurare le persone, per questo motivo essi si sono concentrati su oggetti geometrici e la capacità di ripetere il motivo di una piastrella senza sosta e senza imprecisioni era segno di vera abilità. 
Mentre in Spagna si costruisce il palazzo dell’Alhambra, al Khwarizmi e Khayyam portano avanti i loro studi sulle equazioni, passando poi il testimone a Cardano e Tartaglia, che si contendono la soluzione delle equazioni di terzo grado. Abel, nella sua sfortunata e breve vita, dà un grande contributo allo studio delle equazioni e con Cauchy si ha l’evidenza del ruolo del linguaggio per comunicare i nuovi risultati: “Non lasciate che tocchi un libro di matematica o che scriva un solo numero prima di avere completato i suoi studi di letteratura”, disse Lagrange al padre di Cauchy, avvertendo l’imminenza di importanti cambiamenti nel mondo della matematica. 
All’indomani della Rivoluzione Francese, l’opera di Galois evidenzia finalmente il legame esistente fra le equazioni e la simmetria: Galois comprese che alla base del tentativo di risolvere le equazioni di quinto grado si nascondeva un problema più sottile, ovvero si rese conto che la chiave per rispondere a questo problema stava nelle simmetrie delle soluzioni dell’equazione.
La simmetria pervade ogni aspetto della quotidianità, pensiamo ad esempio alla musica: la trascrizione del Miserere da parte di Mozart (pezzo di 12 minuti) a soli 14 anni, è stata possibile solo cogliendo la struttura logica della composizione.
Tutte le simmetrie possibili sono state raggruppate nell’Atlas of finite groups, di Conway, Curtis, Norton, Parker e Wilson, ovvero in quello che l’autore definisce un viaggio record di 2000 anni attraverso la simmetria.
 
COMMENTO:
La storia della simmetria, la storia della soluzione delle equazioni, le ricerche di Marcus du Sautoy e la sua stessa vita si intrecciano in questo bellissimo libro, molto scorrevole e adatto anche a studenti delle superiori. 
Du Sautoy ci spiega cos’è la matematica e in cosa consiste il lavoro del matematico, coinvolgendoci con la descrizione dei convegni cui ha partecipato, delle collaborazioni in cui ha dato il suo contributo, dell’intricata rete di rapporti umani che si crea tra i matematici. 
Ma non si ferma qui, dato che la sua stessa vita è parte integrante del libro: ci racconta l’incontro con la moglie Shani, l’esperienza della fecondazione assistita e, infine, l’adozione delle gemelle guatemalteche Magaly e Ina.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 13:43

C'era una volta un paradosso

TRAMA:
I paradossi presentati sono di vario tipo: quelli delle arti figurative, come i trompe l’oeil e la prospettiva, quelli della religione, una delle idee astratte paradossali sulle quali si basa la nostra cultura, quelli della politica, come la dimostrazione di Amartya Sen (1970), con la quale stabilisce che in una società al massimo un individuo può avere dei diritti!
Interessante è la trattazione del paradosso del mentitore di Epimenide di Creta (VI sec. a.C.), che ha avuto nel corso dei secoli innumerevoli peripezie filosofiche e letterarie, fino a reincarnarsi nel paradosso degli insiemi di Russell, diverso nella forma rispetto all’originario, ma simile nella sostanza. I paradossi di Zenone (V sec. a.C.), che esprimono l’impossibilità del movimento, danno il titolo al capitolo “La corsa nel tempo della tartaruga” e la loro storia si snoda attraverso numerosi personaggi, fino ad arrivare alla raffigurazione visiva del paradosso da parte di Escher.
Matematica e scienza vengono confrontate proprio nel diverso ruolo che i paradossi hanno al loro interno: la differente direzione, dagli assiomi ai teoremi per la matematica e dai dati sperimentali alle leggi per la scienza, consente di considerare l’induzione matematica come sempre vera, a differenza dell’induzione scientifica, anche se nemmeno l’induzione matematica è immune al paradosso. Come viene ben spiegato nell’ultimo capitolo, in matematica il paradosso può generare, a seguito di un’ulteriore revisione, una dimostrazione: così, il paradosso dell’incommensurabilità della diagonale del quadrato rispetto al lato è diventato la dimostrazione dell’irrazionalità di radice di 2; i paradossi di Zenone diventano la dimostrazione della convergenza di una serie infinita da parte di Gregorio di San Vincenzo; il paradosso del mentitore diventa la dimostrazione di Gödel dell’indimostrabilità di alcune verità…
 
COMMENTO:
Risultano particolarmente interessanti gli ultimi due capitoli, che presentano un’interpretazione completamente nuova dei paradossi: come già detto, in matematica possono diventare delle dimostrazioni, che aprono la strada a nuovi ambiti. Interessanti sono anche i due capitoli densi di filosofia, come la Storia del paradosso del mentitore e l’evoluzione del paradosso della tartaruga di Zenone. 
Il libro merita di essere letto per i numerosi ambiti che esplora e la sottile ironia, sempre presente nelle opere di Odifreddi, alleggerisce un argomento non sempre facile. 
 
"Spesso le crisi dei paradigmi e le scintille per le rivoluzioni matematiche sono appunto stimolate e innescate dai paradossi. Al loro apparire essi provocano tragedie personali e collettive. Ma col passare del tempo, magari dopo millenni, i paradossi finiscono per essere integrati nel corpo della matematica, occupandone non di rado un posto d’onore."
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TRAMA:
Il libro comincia con l’Offerta musicale di Bach: «nel 1747 Bach fece una visita improvvisa a Federico il Grande di Prussia e in quell’occasione gli fu richiesto di improvvisare su un tema presentatogli dal Re.» L’autore ci spiega l’importanza di questo esordio: «L’Offerta musicale e la sua storia costituiscono il tema sul quale io stesso “improvviso” per tutto il libro rendendolo così una specie di “Offerta metamusicale”». E in effetti il testo si conclude con un dialogo improntato sull’Offerta musicale, esattamente come gli Strani Anelli del quale l’autore parla all’inizio della sua trattazione. 
È l’autore stesso ad indicarci la strategia di lettura, a spiegarci dettagliatamente come è strutturato il libro: «Questo libro è strutturato in modo insolito: come un contrappunto tra Dialoghi e Capitoli. Lo scopo di questa struttura è di permettermi di presentare i concetti nuovi due volte. Quasi ogni concetto nuovo viene prima presentato metaforicamente in un Dialogo, con una serie di immagini concrete, visive; queste servono poi, durante la lettura del Capitolo successivo, come sfondo intuitivo per una presentazione più seria e astratta dello stesso concetto.»
Perché Gödel, Escher e Bach? Perché proprio questi tre? Cos’hanno in comune? Verso la fine del libro, l’autore spiega che: «Idee collegate in modo profondo spesso sono molto diverse in superficie. L’analogia con gli accordi viene naturale: […] le note armonicamente vicine sono materialmente distanti (per esempio sol, mi, si, che, nella notazione inglese, ci danno tre lettere ben note: G, E, B). Idee che hanno lo stesso scheletro concettuale risuonano in una sorta di analogo concettuale dell’armonia.» Così succede per Gödel, Escher e Bach: Escher «ha dato una parabola pittorica del Teorema di Incompletezza di Gödel» e Bach ne ha fornito la chiave musicale: «Bach e Escher esprimono uno stesso tema in due “chiavi” diverse: musicale e visiva».
Del Teorema di Incompletezza di Gödel, l’autore fornisce una spiegazione esauriente, attraverso anche alcune metafore che aiutano il lettore meno preparato a farsi un’idea chiara dell’importanza di questo teorema, fino a giungere alla sua dimostrazione. Ma il Teorema nasconde in sé un altro gioiello, ovvero l’analisi dell’intelligenza umana per giungere all’obiettivo ben più alto dell’Intelligenza Artificiale. L’autore stesso si domanda: «Come può essere programmato un comportamento intelligente? Non è questa la più appariscente delle contraddizioni in termini? Una delle tesi principali di questo libro è che non si tratta affatto di una contraddizione. Uno degli scopi principali che mi sono prefisso è di spingere ogni lettore ad affrontare questa presunta contraddizione, assaporarla, capovolgerla, smontarla, sguazzarci dentro, così da emergere infine con una nuova capacità di scavalcare il baratro apparentemente invalicabile tra il formalizzato e il non formalizzato, l’animato e l’inanimato, il flessibile e il rigido.»
Come Hofstadter ribadisce anche altrove: «Lo scopo principale di questo libro è quello di indicare quale tipo di rapporto c’è tra il software della mente e lo hardware del cervello.»
 
COMMENTO:
L’impressione che mi è rimasta è di aver colto molto di quello che l’autore ha proposto nel libro, ma di aver anche perso sicuramente qualcosa, perché, come dice l’autore stesso verso la fine: «Non si penetra mai abbastanza a fondo nell’Offerta musicale. Quando si crede di conoscere tutto, vi si trova sempre qualcosa di nuovo». Per questo motivo, ho intenzione di rileggere questo libro tra qualche anno.
Già ora, comunque, sono rimasta affascinata dal legame tra i dialoghi e i saggi: i dialoghi non solo costituiscono un’introduzione ai saggi, ma anche un’evasione da una lettura difficile e impegnata. E danno anche un’idea di quanto sia profonda la preparazione dell’autore. Più volte mi sono ritrovata a dire: «È un grande!», leggendo le pagine dei dialoghi. In ognuno dei dialoghi erano nascoste perle preziose, che non sono sicura di aver colto completamente.
 
Altri commenti:
PIERGIORGIO ODIFREDDI: «Se oggi la logica e alcune delle sue idee epocali sono note a un vasto pubblico, anche non scientifico, lo si deve soprattutto a “Gödel, Escher e Bach” di Douglas Hofstadter, che ha esibito una rete di connessioni, spesso insospettate e sorprendenti, fra i linguaggi naturali, artistici, logici, biologici, informatici e artificiali, ed è valso al suo autore il Premio Pulitzer nel 1980.»
 
GABRIELE LOLLI: «Impegnativo, incredibile, unico, proteiforme libro di Hofstadter, difficile da catalogare, quasi impossibile da descrivere». «Complimenti ai traduttori e a chi ha curato l'edizione di questa opera che è perfetta; deve essere stata una fatica improba, dal punto di vista intellettuale ed editoriale, ma ne valeva la pena; a parte la curiosità di un libro che come uno Strano Anello si chiude sul suo inizio, il tema è cruciale. Per più di duemila anni il pensiero è stato bloccato dal paradosso del mentitore, adesso Hofstadter ci guida per mano su e giù per gerarchie aggrovigliate dove impariamo come nasce l'intelligenza e la vita. E non ci è voluto neanche molto. Sono passati cinquanta anni dal 1931.»
 
ANGELO SCIANDRA: «Si tratta di un buon libro, anche se complicatissimo. […] Il volume, comprendente più di 800 pagine, è un immenso pozzo senza fondo, che spazia dall'offerta musico-logica all'intelligenza artificiale. […] Non credo sia possibile recensire un testo così complesso e ricco di suggestioni, ma penso che le sue pagine non possano essere dimenticate.»
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Giovedì, 01 Agosto 2013 13:38

La sorpresa dei numeri

TRAMA:
Invecchiato di un anno, ma sempre con i suoi “perché”, Filippo è ancora il protagonista di questo nuovo romanzo della Cerasoli. Con lui l’instancabile nonno, sempre pronto a rispondere alle sue domande e che divide, con la maestra Grazia, il primato dell’attendibilità. Le prime risposte del libro, però, spettano alla sorella di Filippo, che spiega l’origine della misura di 360° dell’angolo giro e lo aiuta con l’aritmetica modulare, impiegata per contare i giorni che lo separano dall’arrivo del nonno.
Il primo scoglio, per il nonno, è la superstizione di Filippo, contro la quale cerca di combattere con diagrammi ad albero, calcolo combinatorio e probabilità. Per convincere Filippo a lavarsi, data la sua avversione per acqua e sapone, il nonno gli parla della crescita esponenziale dei batteri, ma mitiga la difficoltà dell’argomento con la leggenda di un indiano, Sissa Nassir, che inventò il gioco degli scacchi. Con l’arrivo dello zio Mauro, si discute della visione della matematica che hanno i ragazzi di oggi: “solo i matematici pensano tanto, dicono sempre la verità, ma quel che dicono non serve a nulla”. In realtà, la matematica è immersa nella quotidianità più di quanto si immagini: bisogna solo portarla allo scoperto. E così il nonno continua la sua missione con la crittografia, gli anagrammi, il triangolo aritmetico, gli insiemi, la logica delle proposizioni e i circuiti elettrici, la statistica e infine la curva di Gauss.
La scuola intanto è finita e il nonno e Filo possono finalmente partire per il mare.
 
COMMENTO:
Semplice per la chiarezza con cui vengono trattati anche gli argomenti più complessi, il romanzo è adatto ai lettori di ogni età. Non si tratta, però, solo di una simpatica spiegazione della probabilità e della statistica: nel romanzo trova spazio anche una riflessione sulla matematica e sul modo che hanno gli altri di vederla come qualcosa al di fuori della realtà, nonostante la sua presenza in ogni ambito, come il nonno dimostra abilmente al piccolo Filippo.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 13:23

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

TRAMA:
Wellington, il cane della signora Shears, è stato ucciso, trafitto da un forcone. Christopher John Francis Boone, ragazzo di 15 anni affetto dalla sindrome di Asperger, decide di indagare per trovare il colpevole e di scrivere un libro al riguardo. Nel libro descrive anche la propria situazione, parla un po’ di sé, delle proprie passioni e manie, della propria vita: la madre è morta due anni prima e, durante le sue indagini, Christopher scopre che prima di morire aveva una relazione con il signor Shears. Lo scrive nel libro e quando il padre lo legge, ha una reazione molto violenta: picchia Christopher e getta il libro nella spazzatura. L’indomani Christopher ritrova il libro nell’armadio del padre, insieme a delle buste indirizzate a lui: ne prende una, la legge, ma non riesce a capacitarsi di quale sia la verità in essa contenuta. Solo sei giorni dopo, procurandosi altre lettere, può scoprire che sono lettere della madre che in realtà non è morta, ma è scappata a Londra con il signor Shears. Per Christopher è una vera e propria doccia fredda: il padre gli ha mentito, la madre non è morta.
Quando ha luogo il confronto con il padre, questi scoppia a piangere e tenta di giustificarsi e, per riconquistare la fiducia del figlio, gli confida di aver ucciso il cane della signora Shears, con la quale aveva avuto una relazione dopo la fuga della moglie. Per Christopher è troppo: impaurito e spaventato, decide di andarsene da Swindon, per raggiungere la madre a Londra. Il fatto che il padre avesse ucciso il cane significava, per Christopher, che avrebbe potuto uccidere anche lui.
Dopo un viaggio rocambolesco, in treno e in metropolitana poi, Christopher raggiunge la casa della madre e, nascosto dietro ai bidoni della spazzatura nel giardino di fronte, aspetta il suo rientro. La madre è stupita e al tempo stesso molto amareggiata per quanto il padre di Christopher ha raccontato al figlio e decide di tenerlo con sé. L’arrivo di Christopher, però, scatena accese discussioni tra il signor Shears e la madre, tanto che quest’ultima decide di tornare a Swindon. Christopher può così affrontare il tanto atteso esame di matematica come era in programma e lo supera con il massimo dei voti. Pian piano si riavvicina al padre, con il quale costruisce anche un orticello in giardino. 
Ora Christopher è fiducioso: tra un anno lo aspetta l’esame di matematica avanzata e sa “di potercela fare perché sono andato a Londra da solo e perché ho risolto il mistero di Chi ha ucciso Wellington? e ho trovato mia madre e sono stato coraggioso e ho scritto un libro e questo significa che posso fare qualunque cosa”.
 
COMMENTO:
Semplice e coinvolgente, il libro è adatto a chiunque, dato che i brani di matematica sono trattati in modo elementare. La descrizione della malattia di Christopher è accurata e il fatto che sia scritto in prima persona aiuta il lettore ad immedesimarsi meglio.
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