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Giovedì, 24 Giugno 2021 15:39

Bestiario matematico

È possibile che un libro di matematica parli di magia, incantesimi ed esseri mostruosi? Se il libro in questione è «Bestiario matematico» di Paolo Alessandrini, edito da Hoepli nella collana Microscopi a giugno 2021, è possibile! Come recita il sottotitolo, il libro parla di «mostri e strane creature nel regno dei numeri», domati da matemaghi ovvero matematici maghi. Divulgatore scientifico, autore dal 2011 del blog di matematica ricreativa «Mr. Palomar» e del canale YouTube che porta il suo nome, docente di matematica in un istituto superiore e precedentemente ingegnere informatico, Paolo Alessandrini ha pubblicato, sempre per la collana Microscopi di Hoepli nel 2019, «Matematica rock» e, per la collana Altramatematica di 40K Unofficial (progetto di Bookrepublic), «La matematica dei Pink Floyd» a gennaio 2014 e «La matematica nel pallone» a ottobre 2015.

L’idea del libro è nata dalla frase di Kasner e Newman, epigrafe dell’introduzione: la matematica «è divenuta un soggetto davvero strano e forse da paura da un punto di vista ordinario, ma chiunque riesca a penetrarvici troverà una terra fatata». Tra le varie attività in cui è impegnato, Paolo propone anche dei laboratori di matematica e tra di essi spicca “Matemagica”, perciò non stupisce che le parole di Kasner e Newman abbiano evocato in lui un tipico ambiente fantasy, con «animali insoliti e selvaggi, addomesticati da maghi matematici, il tutto governato da leggi magiche diverse da quelle del mondo ordinario». Il matemago assume un po’ le forme di un cacciatore e un po’ quelle dello zoologo e, dopo aver avvistato queste bestie da lontano, ha il compito di avvicinarle, studiarle da varie angolature e affrontarle, alla fine, «con coraggio e dedizione, con rispetto e gentilezza, respingendone gli assalti e cercando di scoprire il segreto intimo della sua esistenza».
Nonostante nel libro si parli di magia e più volte Paolo Alessandrini dica che il matemago in questione ha realizzato un incantesimo sulla bestia, Paolo invita a non cadere «nell’equivoco di pensare che per fare matematica basti puntare una bacchetta e aspettare che i risultati arrivino da soli, senza sforzo»: la matematica è una guerra, da combattere con le mani sporche di gesso, ma è anche una storia d’amore, perché i «duelli sono spesso schermaglie amorose: serve passione per quelle idee, occorre amarli quei concetti, altrimenti la guerra è persa in partenza».

Il libro è suddiviso in tre parti: la prima è dedicata ai numeri e al suo interno troviamo lo zero, i numeri negativi, gli irrazionali, i numeri normali, i numeri enormi come i googol, i fantastiliardi, il googolplex e l’operazione di tetrazione, gli infiniti e gli infinitesimi fino a chiudere il percorso con i numeri immaginari. La seconda parte è dedicata alle forme, ovvero alla geometria: si comincia con le geometrie non euclidee per procedere con la topologia, ovvero la geometria impossibile, le curve malate e i frattali, creature indomabili e si conclude con il Gioco della Vita di Conway. La terza parte è dedicata ai ragionamenti e alle strutture e vi troviamo le antinomie della logica, i teoremi sconfinati come il teorema di Fermat e quello dei quattro colori e il Mostro di Griess. La conclusione riprende un po’ le fila del discorso e svela la reale protagonista del libro, ovvero la bellezza della matematica: le bestie descritte «sono belle perché esibiscono proprietà inattese, legami strabilianti». «La mostruosità di questi oggetti matematici consiste soprattutto nel loro essere sorprendenti, inattesi, spiazzanti. E questo, in matematica, è il vero segreto della bellezza.»
In chiusura, ci sono sette appendici: le prime cinque sono dedicate al mondo dei numeri e tra di esse c’è il calcolo delle radici di un’equazione cubica, ce n’è una dedicata al testo della canzone «Mandelbrot Set» di Jonathan Coulton e l’ultima è la soluzione di un enigma proposto nell’isola dei cavalieri e dei furfanti. Non mancano, infine, i riferimenti bibliografici e sitografici, suddivisi per capitolo.

Ispirato dal cartone animato «Paperino nel mondo della matemagica», Paolo Alessandrini ha scelto di parlare non di matematici ma di matemaghi ed è in buona compagnia, basti pensare a «Matemago» della Cerasoli o al celebre «Mago dei numeri» di Enzensberger.
«Bestiario matematico» è consigliato a tutti: l’ambientazione fantasy scelta riesce a sdrammatizzare e a rendere più simpatica questa “bestia nera”, come spesso è considerata la matematica da molti studenti. Paolo ci ha raccontato di matematici ossessionati, terrorizzati e sconvolti da queste bestie, ma guidati dalla passione e dalla bellezza: li ha presentati come dei maghi che hanno il compito di domare queste bestie feroci e, grazie a questa metafora, ci ha permesso di cogliere la fatica del matematico, quella stessa fatica che i nostri alunni difficilmente percepiscono quando in classe presentiamo i teoremi come prodotti finiti e semplificati, pronti per loro. Il percorso è arricchito da aneddoti e citazioni, che alleggeriscono il viaggio.

Il mostro più rappresentativo è probabilmente il teorema, «un animale fatto di tre parti»: le ipotesi, ovvero «le robuste zampe della bestia», la tesi, che «è un po’ la testa o il muso dell’animale, cioè la sua parte più rappresentativa» e la dimostrazione, ovvero il corpo del teorema, ma i miei preferiti restano i frattali e Mandelbrot è per me il matemago per eccellenza, colui che è riuscito a domare le bestie indomabili, quelle con una dimensione frazionaria.

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Giovedì, 24 Giugno 2021 13:30

Il dottore dei numeri

«Il dottore dei numeri», edito da Einaudi ragazzi, è l’ultima fatica di Germano Pettarin e Jacopo Olivieri. Pubblicato a marzo 2021, con le illustrazioni di Mirella Mariani, è il frutto di un sodalizio ormai collaudato, dopo «L’isola delle tabelline», «Le cose non quadrano… ci vogliono i cerchi» e «La rivincita delle 4 operazioni». Come i precedenti, è una favola illustrata, dedicata ai bambini di età superiore ai 7 anni ed è scritta con lo stile che contraddistingue i due autori, cioè con giochi di parole che rimandano alle proprietà dei numeri.

Fra i protagonisti principali ci sono ovviamente Zero e Uno: quest’ultimo è proprio il dottore dei numeri di Borgo Intero Più, ovvero i numeri interi positivi che, come dice il nome stesso, sono ottimisti e vivono la vita con il sorriso. Fra i pazienti del Dottor Uno, si distingue Piccolo Due, un due che, non essendo mai cresciuto, non può fare le espressioni con gli altri numeri interi, ma si rende utile aiutando Uno nel suo ambulatorio, facendo da assistente e sbrigando commissioni, come mettere il puntino ai numeri che superano il migliaio oppure inserire le parentesi al posto giusto nelle espressioni.

Lontano da Borgo Intero Più, tra le vette dei Matemonti, sorge Torre del Pi Greco, dove appunto vive Pi Greco: per non annoiarsi, passa le sue giornate a spiare i numeri interi, dei quali invidia la spensieratezza e l’ottimismo. Decide, quindi, di trasferirsi a Borgo Intero Più: «Perché non dovrei anch’io fare espressioni, come i numeri positivi? Anzi, con il mio curriculum millenario, so già che le mie saranno le più belle ed espressive di tutte!». I numeri accolgono Pi Greco con gioia, ma, dopo i primi tentativi, gli chiedono di stabilirsi da loro senza prendere parte alle espressioni. Offeso dalla richiesta, Pi Greco ritorna nella torre, dove prepara un virus, il Minus Malus, che riesce a rendere negativi tutti gli abitanti di Borgo Intero Più. Tutti gli abitanti, tranne Piccolo Due e Zero che non vengono contagiati, sono costretti a rinchiudersi in casa per non dare luogo a ulteriori problemi. Saranno proprio Zero e Piccolo Due a risolvere il problema, perché questa epidemia ha avuto il potere di generare un gran cambiamento e la scoperta della vera natura di Piccolo Due e delle qualità di Zero.

La favola è un modo simpatico per introdurre i numeri negativi e per aiutare i bambini a prendere confidenza con loro, scoprendo come funzionano le operazioni. È una lettura interessante ed è consigliabile soprattutto alle maestre della primaria, che possono presentare il mondo dei numeri come umano e favoloso. Non solo: il riferimento all’epidemia è un modo per raccontare ai più piccoli in modo giocoso quanto abbiamo vissuto in tempi recenti.

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Venerdì, 23 Aprile 2021 19:57

Sette semplici lezioni di matematica

«Sette semplici lezioni di matematica», edito a ottobre 2020 dalla casa editrice Lindau, è l’ultimo lavoro di Francesco Malaspina, Professore Associato di geometria presso il dipartimento di Scienze Matematiche del Politecnico di Torino. L’autore vanta oltre una quarantina di pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali, oltre al saggio divulgativo «Dio e l’ipercubo», pubblicato nel 2016 da Effatà.

Il testo è un piccolo saggio, suddiviso, come dice il titolo stesso, in sette capitoli. La prima lezione, dedicata all’intuizione e all’astrazione, comincia con una profonda verità: «La matematica non lascia indifferenti. Se ne può rimanere folgorati e innamorarsene follemente. I più però ci tengono subito a precisare, quasi come fosse un vanto, che non ne hanno mai capito assolutamente nulla.» D’altra parte, alla matematica possiamo associare una vasta gamma di termini: fredda, spietata, male necessario, ma anche bellezza, arte, poesia e fantasia, tant’è che l’autore stesso ci dice che i matematici «seguono una scia di bellezza», perché «gli oggetti matematici non solo hanno a che fare con l’arte, ma sono essi stessi opere d’arte». La seconda lezione va ad indagare i fondamenti della matematica, ovvero gli insiemi, partendo dal fatto che «la matematica è grande come tutta la cultura in generale» anche se non può offrire spiegazioni a tutto, perché «ci sono degli aspetti nella nostra vita, spesso quelli più profondi, nei quali non ci possono essere dimostrazioni», come Gödel ci ha insegnato con l’incompletezza. La terza lezione è dedicata alle strutture algebriche: si comincia con la descrizione dell’amore e delle sue proprietà, attraverso Frozen, Dante e Gabbani e questa «spericolata analogia», come la definisce l’autore, tra amore e matematica vede nelle somme la prima esperienza della matematica che ci apre le porte a una maggiore astrazione, con la teoria dei gruppi e le simmetrie. La quarta lezione prende spunto dal calcio, non solo per i vettori che diventano un mezzo per realizzare gli schemi calcistici, ma anche perché nella matematica, come nel calcio, «ci vuole il coraggio di un inserimento audace quando si tentano strade un po’ spericolate, o pazienza nella fase di non possesso quando ci sembra di non avere l’idea giusta e la nostra ricerca attraversa una fase stagnante.» Non dobbiamo in effetti dimenticare che il sottotitolo di questo testo è “d’amore, morte, calcio, meringhe e geometria” e ritroviamo tutto equamente distribuito all’interno del testo. L’itinerario di questa lezione, probabilmente la più impegnativa e approfondita, viene ripreso in chiusura e sottolineato con una ulteriore metafora calcistica, dove il calcio viene usato come esempio di gioco corale esattamente come la «meravigliosa, sublime sinfonia matematica». La quinta lezione ci presenta la potenza del calcolo infinitesimale e dell’analisi matematica, partendo, apparentemente in modo paradossale, dalle meringhe. La sesta lezione è dedicata alla geometria della gomma, ovvero alla topologia, e si passa attraverso l’amore per giungere poi all’infinito. L’ultima lezione è dedicata alla matematica applicata, ma è un piccolo assaggio di quello che potremmo esplorare grazie alle equazioni differenziali.

«Gli oggetti matematici comparsi nelle varie lezioni possono apparire, a prima vista, appartenenti a mondi lontani. Quando ci si addentra più in profondità, però, si scopre come sappiano interagire tra loro efficacemente e come siano strutturalmente simili.» La matematica viene presentata così grande ed eccezionale da poter far parlare di qualsiasi cosa perché è un linguaggio universale. Nella lettura si ritrovano citazioni da “Il senso di Smilla per la neve” e “La storia infinita” di Michael Ende, sono citati la Mannoia, Gino Paoli, Venditti e Jovanotti, in un'interdisciplinarietà necessaria, ma giocosa e al tempo stesso «ricchezza per tutti gli attori coinvolti». Per questo e per molti altri motivi, la lettura è consigliatissima agli insegnanti di matematica, ma anche a quegli studenti universitari che si addentrano per la prima volta nell’astrazione dell’algebra lineare o rischiano di perdersi nei meandri dell’analisi e possono quindi tenersi ancorati alla realtà e osservare il panorama dall’alto.

«La matematica è in grado di parlare dei sentimenti più profondi e intimi, così come dei fenomeni della natura e delle invenzioni della tecnologia. Riesce a essere contemporaneamente bellezza artistica e freddo algoritmo. È un linguaggio universale, misterioso e fecondo, che non finirà mai di stupirci.»

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Martedì, 13 Aprile 2021 18:24

L'equazione della libertà

«L’equazione della libertà», pubblicato da Rizzoli a settembre 2020, è stato scritto da Lorella Carimali, docente di matematica e fisica alle superiori che nel 2018 è stata tra i finalisti del Global Teacher Prize, il Nobel per l’insegnamento, e ha pubblicato nel 2018 «La radice quadrata della vita», sempre per Rizzoli. Esattamente come succede quando entra in classe, Lorella ha come obiettivo di trasformare in curiosità la diffidenza verso la matematica.

Protagonisti principali sono l’insegnamento, la matematica e la scuola, per questo si parla di fiducia, di capacità di mettersi in gioco, di rispetto reciproco e di collaborazione, aspetti che vengono indagati a più livelli e in più parti del racconto. L’obiettivo di ogni insegnante deve essere quello di creare un “noi”, formato dai docenti da una parte e dagli studenti dall’altra, che possa alimentare non solo la conoscenza ma anche la consapevolezza di sé, da entrambe le parti. In tutto questo la matematica costituisce l’occasione, il punto di incontro fra l’insegnante e i suoi alunni.

Nel corso degli anni, l’autrice si è sentita spesso rivolgere alcune obiezioni dagli alunni e gli otto capitoli in cui è diviso il libro sono sostanzialmente una risposta: sette capitoli sono dedicati interamente alla matematica, intitolati tutti “La matematica è…” con una caratteristica che la descrive (creatività, quotidianità, libertà, relazione, per tutte e tutti noi), o una domanda (è un’opinione? è donna?), mentre l’ultimo capitolo è dedicato alla valutazione. Ogni capitolo si apre con un aneddoto ambientato a scuola, in genere l’occasione che ha generato la riflessione, e si chiude con un altro aneddoto, spesso riferito alla storia della matematica, che permetta in qualche modo di trarre delle conclusioni. Si parte dagli assiomi, che costituiscono le fondamenta sulle quali si costruisce tutta la teoria: la matematica non afferma delle verità, ma fornisce «strumenti per riflettere, per risolvere i più disparati problemi, per allenare il pensiero critico, la creatività e la visione di insieme». La matematica è anche una forma d’arte e il matematico, come il pittore, «davanti a un foglio bianco, “pennella” una formula», come uno scrittore «gioca con le parole», perché «la matematica è un gioco libero della fantasia» ed è al tempo stesso invenzione e scoperta. La matematica è parte della nostra quotidianità, si nasconde ovunque, basti pensare al COVID-19 che ci ha dimostrato come i numeri non siano una risposta che costituisce una verità assoluta, ma vadano in qualche modo interpretati. Per Lorella Carimali non esiste la genialità e gli unici limiti sono quelli che ci diamo noi e quelli che ci impongono i nostri pregiudizi. Gli errori, come viene ribadito più volte, sono opportunità per imparare, perché nel processo di apprendimento il cervello cambia: spronati nel modo giusto e lavorando con impegno, nessun risultato è irraggiungibile. La matematica è libera dai vincoli mentali, i bias cognitivi, che ci possono portare a dei malintesi e «a perdere il contatto con la nostra capacità di analisi». L’unico modo per raggiungere i nostri risultati è attraverso lo studio, la dedizione e l’allenamento del pensiero matematico.
L’ultimo capitolo è dedicato alla scuola, ma in particolare alla valutazione, cardine fondamentale anche nel rapporto fra docente e studente: il voto non è un semplice numero e viene spesso frainteso, letto in modo diverso dall’insegnante, per il quale è la sintesi di un percorso fatto, e dall’alunno, per il quale è uno strumento per acquisire consapevolezza. La riflessione sulla valutazione è una vera ricchezza, perché racchiude al suo interno il percorso compiuto dalla Carimali durante la sua carriera.

Lo stile del libro è colloquiale ed estremamente informale: l’autrice si rivolge al lettore come ad uno studente o ad un collega. Questa moderna apologia della matematica racchiude al suo interno anche una ricca bibliografia alla quale l’autrice fa riferimento già all’interno della narrazione stessa. Nella sua nota finale, la Carimali si rammarica di avere semplificato forse troppo i contenuti matematici, ma ricorda che il suo è «un tentativo di comunicare in modo diretto, di sviscerare un argomento evitando il nozionismo che spesso favorisce quell’idea di elitarismo che tanto voglio sradicare».

«L’equazione della libertà» è un libro che è bene leggere, che siate insegnanti, studenti o semplicemente persone che hanno perso la propria occasione per trovare nella matematica l’equazione della libertà e rischiano quindi di restare vincolate all’idea di una matematica cattiva, la stessa che ha contribuito a scatenare il nostro odio a scuola.

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Venerdì, 22 Gennaio 2021 22:18

La matematica del virus

«La matematica del virus», edito da Castelvecchi in ebook nel 2020, è stato scritto da Pietro Battiston, economista esperto di reti sociali dell’Università di Parma, e Roberto Battiston, ordinario di fisica sperimentale presso l’Università di Trento e direttore dell’Agenzia Spaziale Italiana dal 2014 al 2018.

Il testo è un piccolo saggio adatto a chiunque, che spiega come si può realizzare la descrizione della diffusione di un virus da un punto di vista matematico. Nell’introduzione, gli autori lasciano la parola a un virus che si racconta, come in un diario: gli umani sono, per i virus, «una gigantesca torta di cellule». Esattamente come il generale prussiano Karl von Clausewitz, citato all’inizio del secondo capitolo, il virus mette in atto tutta una serie di strategie per potersi diffondere velocemente e nel modo migliore possibile, ricorrendo ad alcune tattiche ingegnose: sceglie di non palesarsi in alcuni individui (gli asintomatici), in maniera tale da prendere il controllo della cellula senza che l’organismo se ne accorga e per poter diffondere meglio il contagio, e ha la capacità di effettuare delle mutazioni proprio per neutralizzare l’attacco del sistema immunitario. Nel terzo capitolo, dopo una breve introduzione storica da Bernoulli fino ai modelli compartimentali di Kermack e McKendrick del 1927, gli autori presentano i modelli che «hanno permesso la descrizione dell’evoluzione di molte epidemie, talvolta anticipandone gli esiti, e contribuendo individuare delle strategie di contenimento». Il modello SIR è sicuramente il modello compartimentale più semplice che possa essere applicato alla COVID-19 e, anche se forse non intuitivo, può spiegare adeguatamente come si diffonde un’epidemia.

Il quarto capitolo è introdotto dalla frase dello statistico George Edward Pelham Box: «Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili». I due autori mostrano i pregi e i difetti del modello SIR che, in generale, è bello, utile e semplice, visto che considera gli esseri umani «come delle palline che rimbalzano in una scatola». Gli autori spiegano perché non è necessario considerare modelli più articolati, anche se le epidemie sono fenomeni complessi: il compito del modello è di aiutare a «capire la dinamica dell’epidemia, a partire dai dati raccolti durante il suo sviluppo.» Una volta identificato l’andamento dell’epidemia, permette di «anticipare gli esiti e valutare gli effetti degli interventi messi in atto per contenerla». Nel quinto capitolo, intitolato «Il diritto di contare bene», gli autori mettono in evidenza come per far funzionare adeguatamente un modello sia necessaria la massima apertura da parte delle istituzioni. Rendendo pubblici i dati, si può riuscire a caratterizzare l’epidemia nel modo migliore possibile, tanto più che nascondere i dati non aiuta a placare le critiche ma alimenta un clima di sospetto. «Il virus ha un grosso punto debole: se sul piano biologico è un oggetto efficientissimo e, almeno all’inizio, misterioso, sul piano della diffusione sociale si muove in modo piuttosto prevedibile a livello statistico. La matematica è quindi un suo nemico, mentre la cattiva raccolta dei dati è un suo alleato perché gli permette di mascherarsi.» Nella conclusione, gli autori mostrano come alcune informazioni fornite dai giornali non siano realmente significative e invitano ad affidarsi ai modelli compartimentali e ad un’analisi dei dati che cerchi il più possibile di avere una visione complessiva dell’evento.

«La matematica del virus» è accessibile davvero a chiunque e permette di vedere con più chiarezza come venga studiato il diffondersi dell’epidemia: togliendo lo strato superficiale di ignoranza matematica, permette di essere più consapevoli delle misure di contenimento che vengono adottate e quindi di collaborare meglio con le autorità nella loro applicazione. Roberto Battiston, molto impegnato nell’ambito della divulgazione scientifica, non poteva perdere un’occasione come quella della pandemia per migliorare la nostra consapevolezza matematica.

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Venerdì, 22 Gennaio 2021 20:50

Diario di bordo

«Diario di bordo», terzo volume della collana Righe e quadretti della casa editrice Mateinitaly, è il primo libro di Sofia Sabatti ed è stato pubblicato a fine 2020. Insegnante alle scuole medie da circa vent’anni, Sofia Sabatti fa parte dello staff dei corsi MathUp, cura il sito Problemi per matematici in erba e il blog Matematomi e nel 2019 le è stato assegnato il Premio Cotoneschi, per la sua attività a favore della divulgazione della matematica, grazie all’entusiasmo che contraddistingue la sua azione educativa anche sul web e nei corsi di formazione per gli insegnanti.

Il libro è un diario ma non è semplicemente un racconto, è un esempio di buona pratica didattica ma non è solo un testo di didattica: «Diario di bordo» racchiude in sé entrambi questi aspetti e molto altro. Questo libro mostra che la scuola è un percorso di crescita non solo per gli alunni, come ci verrebbe naturale credere, ma anche per gli insegnanti che si pongono domande e sono in continua ricerca delle strategie migliori per poter portare i propri alunni alla comprensione. Inizialmente reticente all’idea di raccontare qualcosa di sé, Sofia Sabatti ci dice, al termine del libro, che «forse è una esperienza che vale la pena di essere raccontata» e, dopo averla seguita attraverso le pagine del suo libro, posso dire che è sicuramente un’esperienza che valeva la pena raccontare. Ci mostra le luci e le ombre del lavoro dell’insegnante e questa matematica, che può facilmente suscitare emozioni estreme nei nostri alunni, può far vivere tante emozioni anche agli insegnanti che provano a trasmetterne la passione: Sofia si deprime perché si sente inascoltata, si sente stanca, frustrata, piena di dubbi, prova un forte senso di colpa quando l’attività programmata si rivela un disastro, si arrabbia quando gli alunni cercano di evitare il lavoro, ma si ritrova anche a gongolare di fronte ad una bella risposta, prova stupore per certi ragionamenti svolti dai suoi alunni e si sente gli occhi luccicare dalla gioia. Viene colta ogni tanto dall’impazienza, dalla fretta causata dalla necessità di portare avanti il programma, dal nervoso per gli imprevisti che non le permettono di concludere un percorso, pur essendo pienamente consapevole che è importante ascoltare gli alunni invece di correggerli, per capire i loro percorsi e perché «forse dare l’occasione di sbagliare è la cosa migliore da fare, se si vuole che imparino qualcosa!». D’altra parte, anche l’insegnante deve lavorare su se stesso per non vivere l’errore solo come una pietra d’inciampo: per quanto ci provi, Sofia si accorge che non è possibile fare prevenzione all’errore, perché «dagli errori degli altri è molto raro che si impari qualcosa!»

Questo racconto non è una finzione narrativa: il diario rappresenta realmente ciò che Sofia fa e i suoi alunni sono, come tutti gli alunni, speciali, perché sanno vedere un’astronave in un poliedro particolare nel quale distinguono persino corridoi e stanze, ma al tempo stesso sono normalissimi ragazzini che, come Maxim, nel mezzo di un ragionamento chiedono di andare in bagno o di mangiare la pasta preparata dalla mamma durante la DaD.

«Diario di bordo» è una risorsa per ogni insegnante, perché non offre solo delle strategie e dei problemi da proporre, ma anche una riflessione didattica approfondita – grazie agli “Avvisi ai naviganti” di Maria Dedò, docente di Geometria presso l’Università degli Studi di Milano fino al 2014 – ma può essere una risorsa anche per gli studenti, che potrebbero trovare strategie per il processo risolutivo e riflessioni arricchenti. Non ci vengono descritte attività didattiche in modo astratto: sembra di sentire la voce di Sofia che ci racconta questo suo percorso e possiamo coglierne la frustrazione o la gioia nel momento in cui ce le racconta. Le attività che vengono presentate sono state fatte davvero, come dimostrano sia le foto nelle quali compaiono le mani degli alunni che hanno lavorato, sia le soluzioni offerte: si percepisce che le soluzioni proposte sono in realtà state rielaborate alla luce dei lavori fatti dai ragazzi.

Con questo libro, Sofia Sabatti ci descrive l’insegnamento come una danza: come nella danza ci sono passi avanti e passi indietro e, se questo può essere frustrante per l’insegnante, è anche vero che questa è la bellezza del percorso e non si riuscirebbe a realizzare coreografie tanto belle andando solo avanti. Dalle pagine della rivista Prisma, nel numero di gennaio di quest’anno, Sofia Sabatti non ci dice solo che il suo lavoro le piace: «Sento tutta la responsabilità di farlo al meglio che posso, per i ragazzi e le ragazze che ho vicini: sono loro il cuore pulsante del mondo di oggi e saranno loro le teste che dovranno prendere buone decisioni nel mondo di domani!»

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Sabato, 05 Dicembre 2020 17:04

La funzione del mondo

«La funzione del mondo» è stato pubblicato a fine novembre 2020 dalla casa editrice Feltrinelli Comics in collaborazione con CNR Edizioni. Il fumetto è stato sceneggiato da Alessandro Bilotta – uno degli autori di Dylan Dog, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il Gran Guinigi, il Micheluzzi e il premio Repubblica XL – e illustrato da Dario Grillotti, che ha collaborato con numerose case editrici ed è insegnante di fumetto.

Il fumetto racconta la vita di Vito Volterra, un matematico italiano, primo Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. La prefazione è stata curata da Massimo Inguscio, attuale Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, mentre in conclusione troviamo il saggio «Vito Volterra e il coraggio di conoscere», della cui stesura si è occupato Roberto Natalini, Direttore dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo “M. Picone”. I due grandi nomi del CNR tengono tra loro questa biografia, voluta fortemente dal CNR proprio per far conoscere la figura di Vito Volterra, che in Italia sembra essere stato dimenticato.

Nel fumetto possiamo distinguere quattro parti principali, grazie alle differenti palette di colori che Grillotti ha associato all’infanzia, alla vita accademica, alla maturità e al momento onirico. Questo particolare aspetto ha tanta parte nella vita di Volterra, secondo i due autori: non compare solo quando il matematico era bambino e leggeva i romanzi di Giulio Verne, ma anche da adulto, quando descrive i risultati che ha ottenuto in matematica, come il celebre modello di prede e predatori.

Vito Volterra è ricordato anche nel libro “Preferirei di no”, perché è stato uno dei dodici docenti universitari italiani, su oltre 1200, che nel 1938 rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo e che per questo motivo si ritrovò la carriera rovinata: «il suo rifiuto del fascismo sembrò all’epoca poco accorto, e alla fine perdente, condannandolo, anche dopo la guerra, a una sorta di oblio. Oggi però è uno degli aspetti della sua carriera che possiamo ricordare con maggior orgoglio», riconosce Natalini nella conclusione del suo saggio.

Volterra non è stato solamente il matematico che ha saputo dire di no: fu un personaggio molto particolare, e il libro ne ripercorre la vita, a partire dall’estrema povertà in cui viveva con la madre, dopo la morte del padre, mentre già nell’infanzia mostrava una straordinaria intelligenza. Da studente lo vediamo in alcuni dialoghi con Ulisse Dini e con il prof. Betti: lo ritroviamo anche nei suoi viaggi all’estero, nei contatti con i più grandi matematici, come Poincaré, viviamo l’imbarazzo della sua nascente storia d’amore con Virginia e poi giungiamo alla prolusione all’apertura dell’anno accademico 1901/1902 che viene riportata quasi integralmente. È la parte centrale del libro, la parte più difficile da leggere visti i fumetti fitti e densi che la caratterizzano (gli autori volevano riportarne la maggior parte), ma si può trovarne la versione completa facilmente sul web. Nella prolusione ritroviamo, in particolare, questa citazione: «Il matematico si trova in possesso di uno strumento mirabile e prezioso, creato dagli sforzi accumulati per lungo andare di secoli dagli ingegni più acuti e dalle menti più sublimi che sian mai vissute. Egli ha, per così dire, la chiave che può aprire il varco a molti oscuri misteri dell’Universo, ed un mezzo per riassumere in pochi simboli una sintesi che abbraccia e collega vasti e disparati risultati di scienze diverse.» Non è una esclusiva del discorso, perché, fin dalle prime pagine, Volterra rimarca l’importanza di un sapere unitario, non a compartimenti stagni: «non può più funzionare che i matematici non capiscano i fisici e i fisici non capiscano i chimici», dice al prof. Betti mentre passeggiano per le vie di Bologna.
Dell’intera vicenda di Volterra, mi ha colpito in particolare la sua insistenza per far nascere il Consiglio Nazionale delle Ricerche: nel fumetto, quattro facciate, in un rapido susseguirsi di immagini, cercano di condensare le sue fatiche, mentre combatte con continue crisi di governo e con l’ottusità di alcuni oppositori. Eppure, forse proprio perché conosceva il mondo politico, essendo diventato senatore del Regno a partire dai quarant’anni, sa trovare la giusta strategia: la tenacia. Volterra mostra di essere stato un personaggio di indubbia grandezza, che ha saputo rendere grande l’Italia anche all’estero, tanto che attualmente è forse più conosciuto all’estero che in Italia.

Il fumetto, per la sua ricchezza di linguaggi, permette a chiunque, anche a chi non ha una preparazione matematica, di cogliere fino in fondo la grandezza di Volterra e, soprattutto, di stupirsi per la sua lungimiranza. Il suo “insolito interesse per i pesci”, come viene chiamato nel fumetto, lo porta a ideare il modello preda-predatore: nonostante sia descritto matematicamente da un sistema di equazioni differenziali non lineari del primo ordine, nel fumetto si riesce a coglierne il senso attraverso una serie di vignette (con i colori riservati alle situazioni oniriche) nelle quali Volterra e il futuro genero D’Ancona nuotano tra i pesci, descrivendo il modello e vedendo quelle funzioni descritte dai pesci. Tutta questa sovrastruttura permette anche a chi è digiuno di matematica di cogliere la genialità delle sue soluzioni, come nel quarto capitolo dove Volterra sembra vagare nel nulla, in vignette dallo sfondo bianco: le immagini sono volutamente «astratte… o indefinite», perché così «ogni lettore potrà vedere ciò che vuole con la propria mente.» E mentre l’illustratore cerca di presentare ciò che c’è nella mente di Volterra e lo sceneggiatore presta la propria voce a descrivere la parte più astratta in assoluto della matematica, anche chi non conosce la matematica può in qualche modo intuire quale sia il percorso mentale di un matematico nel momento in cui sta creando. La scelta della dimensione onirica per descrivere questi passaggi non è casuale.

Era davvero necessario, a ottant’anni dalla sua morte, permettere a tutti di conoscere la grandezza di Volterra, mentre la matematica che lui ha immaginato nel suo sviluppo futuro durante la prolusione di inizio secolo ha trovato la sua piena realizzazione nei mesi scorsi, nei grafici e negli studi matematici sulla diffusione del Covid. In tutto questo, Roberto Natalini non poteva che avere un ruolo di primo piano, visto il suo costante impegno perché venga riconosciuta alla matematica la sua capacità di descrivere e, in qualche modo prevedere, la realtà.

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Sabato, 05 Dicembre 2020 16:49

La matematica è politica

«La matematica è politica» è stato pubblicato a fine agosto 2020 da Einaudi. L’autrice, Chiara Valerio, è la dimostrazione che con una laurea in matematica si può fare tutto quello che si vuole: dopo aver conseguito un dottorato in matematica all’Università degli Studi di Napoli Federico II e aver insegnato per anni, Chiara Valerio ha scritto romanzi, ha scritto per il Sole24ore e L’Unità, per il teatro e per la radio, ha scritto soggetti di film e ha curato e tradotto alcuni romanzi di Virginia Woolf.

Il libro è una raccolta di articoli, più o meno lunghi, alcuni intrisi di presente come quelli scritti in pieno lockdown, altri invece sono nati per questioni specifiche come “L’istruzione è orizzontale, la cultura è verticale”, scritto per il programma Stati Generali di Serena Dandini.

«La matematica è una disciplina che favorisce la diffusione della democrazia», perché il matematico non rispondendo mai al “chi”, ma sempre al “cosa”, mantiene l’attenzione sulla vera essenza dei problemi senza lasciarsi influenzare da altri fattori, inoltre «studiare matematica significa introiettare l’idea che le regole esistono e che anche quando – giustamente talvolta – si infrangono, vengono sostituite da un altro sistema di regole». La necessità di seguire le regole per avere un terreno comune sul quale confrontarsi viene ribadita più volte, dato che «senza regole non si convive»: «se i nostri politici avessero studiato matematica, e se studiandola l’avessero capita, si comporterebbero diversamente rispetto alle cariche dello Stato che ricoprono» anche perché «la matematica è la ginnastica posturale del cervello» e se è vero che non tutti hanno bisogno di farla per mantenere una postura corretta, chi la fa riesce a mantenere la postura anche con il passare del tempo.
Nel mostrarci la matematica come chiave di lettura di tutto ciò che ci circonda, Chiara Valerio ci offre un sacco di spunti, suggestioni, riflessioni, già dall’inizio, pur riconoscendo le difficoltà del parlare di matematica, perché «è difficile, lontana, confinata nelle altezze irraggiungibili dell’esattezza.» Forse per questo e altri motivi, «la matematica, nel comune sentire, non è tra le necessità o tra le qualità di una persona di cultura, di un intellettuale».

Lo stile di Chiara Valerio rende il libretto abbastanza impegnativo, almeno in un primo momento, per la sua prosa ricca di subordinate e incisi, ma non mancano battute umoristiche e metafore sorprendenti, come quando dice di pensare «alla geometria come a una granita vecchio stile». Un’altra sua caratteristica sono le citazioni, che vengono fatte senza virgolettato, completamente a memoria.
Il libro si presta a una serie di riflessioni, non solo sulla matematica, ma sul mondo della cultura in generale, sulla politica e sulla vita. Tutto questo in un librettino di un centinaio di pagine, che si legge abbastanza rapidamente e che avrei citato dalla prima all’ultima parola. 

«La matematica è stata il mio apprendistato alla rivoluzione, dove per rivoluzione intendo l’impossibilità di aderire a qualsiasi sistema logico, normativo, culturale e sentimentale in cui esista la verità assoluta, il capo, l’autorità imposta e indiscutibile.»

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Lunedì, 31 Agosto 2020 00:00

Almarina

«Almarina» è un romanzo pubblicato nell’aprile del 2019 dalla casa editrice Einaudi. L’autrice è Valeria Parrella, scrittrice, drammaturga e giornalista, finalista con questo romanzo alla Settantaquattresima edizione del Premio Strega.

Il libro è raccontato in prima persona dalla protagonista, Elisabetta Maiorano, docente di matematica e scienze presso il carcere minorile di Nisida. Cinquantenne, ha perso il marito Antonio da tre anni quando si ritrova tra i propri alunni Almarina, una adolescente romena, fuggita da casa per gli abusi del padre e finita in carcere per furto. La vicenda è narrata come una sorta di flusso di coscienza perché di fatto Elisabetta alterna flashback del suo passato insieme al marito a vicende attuali. Si affeziona fin da subito ad Almarina tanto da decidere di adottarla, lei che aveva cominciato un percorso di adozione, che non si era mai concluso, con il marito. Perché proprio Almarina in mezzo a tutti gli studenti che sono passati per la sua aula nel corso della sua carriera? «Perché mi sembra che possa farcela, e non mi va di farle perdere questa unica occasione», risponde Elisabetta a chi le chiede le sue motivazioni. Con la consapevolezza che «non si realizza subito quando la vita sta cambiando», la protagonista passa attraverso questa vicenda con il peso del dolore della perdita, ma al tempo stesso con la speranza di poter cambiare le cose, almeno per Almarina, che porta in sé la promessa del futuro. Tant’è che dice a un certo punto: «Mi affido a peso morto alla tua presa, e tu con tutta la forza che tieni a diciassette anni mi tiri via dal pozzo e mi riporti in classe».

La matematica fa capolino nella vicenda, approfittando delle occasioni in cui può contribuire a spiegare alcuni aspetti del mondo che Elisabetta legge attraverso i propri occhi matematici e al tempo stesso diventando l’unica possibilità per la protagonista di salvare i ragazzi che le vengono affidati. Quello di Valeria Parrella non è semplicemente un romanzo, ma un percorso che ci permette di immedesimarci nelle paure e nelle ansie della protagonista e al tempo stesso di sperare per Almarina, che è stata lanciata nella vita con una grande dose di sfortuna, in un futuro migliore.

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Martedì, 18 Agosto 2020 00:00

Perché diamo i numeri?

«Perché diamo i numeri?» è un libro pubblicato nel 2012 dalla casa editrice Editoriale Scienza. La collana Teste Toste, cui appartiene questo libro, si avvale delle domande impertinenti di Federico Taddia, andando alla scoperta della scienza grazie alle risposte che i grandi divulgatori danno. La collana ha vinto nel 2013 il premio Andersen come migliore collana di divulgazione. Federico Taddia è giornalista, scrittore e divulgatore e ha vinto il premio Alberto Manzi per la comunicazione educativa e Bruno D’Amore, il divulgatore che risponde alle domande, è un matematico che si occupa in particolare di didattica della matematica. Il libro è arricchito dalle illustrazioni di AntonGionata Ferrari, che ha vinto il premio Andersen come miglior illustratore italiano per ragazzi nel 2007.

Ogni piccolo capitolo comincia con una domanda e dalla prima risposta fornita da Bruno D’Amore, si scatena tutta una serie di ulteriori domande. Le domande possono essere raggruppate in cinque ambiti: matematica come regina delle scienze, storia della matematica, operazioni, numeri e curiosità e, al termine di ogni capitoletto, c’è il rimando a domande precedenti o successive che costituiscono un prolungamento rispetto a quanto detto. La cosa interessante è che Taddia non rivolge al matematico domande complicate, ma fa quelle domande che potrebbe fare ognuno di noi, dando rilievo a tutte quelle curiosità che ci portiamo dentro. Domande come “Dove posso andare se non so contare?” o come “La matematica è bella?”. La risposta di Bruno D’Amore è in fondo anche una risposta al motivo per il quale sarebbe bene leggere questo libro: “La matematica è una forma d’arte, a volte di grande bellezza”. Potremmo intravvedere anche domande riguardanti la didattica della matematica, come quando Taddia chiede se ci sia un modo divertente per imparare la matematica o dove si possa trovare la matematica, domanda alla quale D’Amore risponde dicendo “La matematica è dentro alle cose, dalle più piccole alle più grandi. È negli atomi, nelle galassie e anche nella tua merenda”. La curiosità di Taddia si spinge fino a chiedere a Bruno D’Amore se sia rimasto qualche enigma da risolvere, perché effettivamente l’impressione che ha la persona comune è che la matematica abbia ormai scoperto tutto. In realtà, ci sono ancora parecchi enigmi da risolvere e Bruno D’Amore descrive uno dei più semplici da presentare, ovvero la Congettura di Goldbach, che anche a distanza di tre secoli dal suo enunciato non ha ancora avuto dimostrazione.

Il libro ci trasmette l’idea che la matematica sia un gioco divertente perché ogni giorno regala delle sorprese e perché al suo interno lascia ampio spazio alla fantasia. Il libro si rivolge ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado, ma in realtà è ricco di curiosità che possono essere interessanti anche per quegli adulti che hanno sempre considerato negativamente la matematica e hanno in questo modo la possibilità di modificare l’idea negativa che si sono costruiti.

La collaborazione tra Federico Taddia e Bruno D’Amore si è spinta anche oltre e li possiamo trovare sul canale YouTube Big Bang, con i loro viaggi all’interno della matematica.

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