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Mercoledì, 04 Gennaio 2017 10:26

Storia umana della matematica

Il libro di Chiara Valerio non è semplicemente la storia “di sei matematici veri e uno finto”, come recita la copertina: è qualcosa di diverso, è qualcosa di più. Cominciamo dal percorso dell’autrice: “Mi sono iscritta alla facoltà di matematica perché nel 1996 ho fallito l’esame di ammissione alla classe di lettere della Scuola Normale. La delusione era stata tale da condurmi quasi immediatamente alla certezza spocchiosa che mai nessun altro fallimento mi sarebbe toccato.” Cosa può aspettarsi dalla matematica dopo una scelta avvenuta in simili circostanze? “Non so che cosa mi aspettassi dalla matematica, quando nell’ottobre del 1996 mi sono iscritta all’università, ma ero certa fosse il contrario, l’antipodo di ciò che amavo.” Il fatto che la Valerio abbia dedicato dodici anni della sua vita alla matematica, con tanto di dottorato e post-dottorato e poi abbia scritto un libro come questo è la dimostrazione di quanto abbia imparato ad amarla, complice forse anche la professione del padre, fisico. Ma la convivenza dei due amori pervade ogni pagina di questo libro, che è innanzi tutto la storia dell’autrice stessa, considerati i riferimenti autobiografici, e delle sue numerose letture. Il linguaggio è informale, come dimostrato dalle numerose battute, anche se il modo di scrivere è a tratti contorto, quasi come se si trattasse di un flusso di pensieri che vagano tra matematica e letteratura.

Il primo capitolo è dedicato a János Bolyai e al padre Farkas, ma soprattutto alla nuova geometria nata dalla negazione del Quinto Postulato; nel secondo capitolo, il protagonista è Bernhard Riemann, ma il linguaggio scelto è quello della letteratura, visto che con Flatlandia di Abbott l’autrice sembra proporci un’immagine semplificata degli studi di Riemann. Nel terzo capitolo, ecco il calcolo delle probabilità, con Pierre-Simon Laplace, al quale l’autrice non risparmia la propria antipatia. Mauro Picone, con la balistica, è il protagonista del quarto capitolo: è la parte più densa di aneddoti e spiega, in parte, la nascita della matematica applicata in Italia (non dimentichiamo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo intitolato proprio a Mauro Picone). Nel quinto capitolo, il protagonista è un fisico, Lev Landau, con la sua sorprendente vicenda: è nominato come il fisico che morì due volte, o che visse due volte, a seconda dei punti di vista. Il penultimo capitolo, dedicato a Norbert Wiener, dà spazio al problema del rapporto tra l’essere umano e le macchine, partendo dalla storia narrata nel romanzo di Villiers de L’Isle-Adam del 1886, “Eva futura”. L’ultimo capitolo è il racconto delle scelte dell’autrice e del suo percorso in ambito matematico e non solo. 

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Mercoledì, 28 Dicembre 2016 17:19

Marie Curie e i segreti atomici svelati

Il libro appartiene alla collana “Lampi di genio” di Editoriale Scienza che raccoglie le biografie di grandi scienziati, raccontate e illustrate da Luca Novelli. Tradotti in venti lingue, i testi sono diventati anche un programma televisivo, ideato, realizzato e condotto dallo stesso Luca Novelli per Rai Educational e trasmesso da Rai 3.

Ogni libro della collana ha la stessa struttura: i grandi scienziati raccontano la propria storia in maniera colloquiale, in forma di brevi capitoli illustrati, al termine dei quali c’è un piccolo box, come se si trattasse di una voce fuori campo, che focalizza la nostra attenzione su alcuni sviluppi importanti o piccoli approfondimenti.

Al termine del libro, un piccolo dizionarietto illustrato, per chiarire gli eventuali dubbi.

 

Che cosa c’è nel libro dedicato a Pitagora ce lo dice direttamente l’autore all’inizio:

“Che cosa c’è in questo libro… Ci sono io, Marie, voce narrante. C’è la mia famiglia, la mia scuola e i miei amici. C’è il mio arrivo a Parigi, i duri anni di studio e un incontro che cambia il corso della mia vita. C’è il lavoro con Pierre, mio marito, e la scoperta di ben due elementi sconosciuti. Ci sono i Premi Nobel vinti da me, da mio marito e dai miei familiari. Ci sono le straordinarie scoperte scaturite dalle ricerche sulla radioattività: la struttura dell’atomo e l’energia nucleare. C’è la mia amicizia con Albert Einstein e le mie battaglie perché la scienza sia al servizio di tutti. C’è infine un bel dizionarietto che svela molti segreti… atomici.”

 

La puntata di Rai Educational  

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Mercoledì, 28 Dicembre 2016 16:45

Ciao, sono Zero

La simpatica storia dello Zero, con vignette colorate e tanta semplicità, è alla portata anche dei più piccoli. Il libro appartiene alla Collana “I genietti di Valentina”, che si rivolge a bambini dai 6 ai 10 anni. Curata da Luca Novelli, conta al momento quattro pubblicazioni, dedicate rispettivamente ai Robot, al Tempo e alla Terra, Gea.

 

Nel capitolo zero, ovviamente non c’è nulla, visto che lo Zero rappresenta, appunto, il Niente.
Nel capitolo uno, c’è la presentazione: “Sono Zero. In realtà non dovrei dire niente e non dovrei neppure essere disegnato. Se si è niente, si è niente e basta.” Per millenni l’umanità ha fatto a meno dello zero, visto che per contare non era così necessario: i Sumeri avevano dato un segno e un nome a molti numeri e usavano l’abaco per svolgere i propri calcoli, gli Egizi avevano un segno apposta per rappresentare il dieci, i Cinesi usarono, per rappresentare i numeri, bastoncini e loro composizioni. Solo i Maya, nel Centro America, usarono lo Zero, mettendolo all’inizio del proprio sistema di numerazione. Gli Antichi Greci, seppur così bravi in geometria, per i numeri usavano le prime lettere dell’alfabeto e i Romani usavano una “tavoletta dove si ponevano delle pietruzze”, ovvero i “calcoli”.
“Passano i millenni, si fanno tanti conti e finalmente appaio all’orizzonte. Anche se è difficile dire che all’orizzonte è apparso niente. Accadde in India tra elefanti e statue con molte braccia.” L’invenzione degli Indiani arriva fino agli Arabi, in particolare a al-Khwarizmi, l’inventore dell’algebra e infine a Fibonacci, che “diventerà un mago dei numeri”. L’arrivo delle cifre indo-arabiche in Europa scatenerà una “guerra” che durerà diversi decenni, ma “la praticità della nuova numerazione diventa pian piano evidente a tutti”. Da quel momento, lo Zero sembra diffondersi ovunque, tanto che al giorno d’oggi sarebbe impossibile farne a meno. 

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Mercoledì, 28 Dicembre 2016 16:34

Pitagora e il numero maledetto

Il libro appartiene alla collana “Lampi di genio” di Editoriale Scienza che raccoglie le biografie di grandi scienziati, raccontate e illustrate da Luca Novelli. Tradotti in venti lingue, i testi sono diventati anche un programma televisivo, ideato, realizzato e condotto dallo stesso Luca Novelli per Rai Educational e trasmesso da Rai 3.

Ogni libro della collana ha la stessa struttura: i grandi scienziati raccontano la propria storia in maniera colloquiale, in forma di brevi capitoli illustrati, al termine dei quali c’è un piccolo box, come se si trattasse di una voce fuori campo, che focalizza la nostra attenzione su alcuni sviluppi importanti o piccoli approfondimenti.

Al termine del libro, un piccolo dizionarietto illustrato, per chiarire gli eventuali dubbi.

 

Che cosa c’è nel libro dedicato a Pitagora ce lo dice direttamente l’autore all’inizio:

“Che cosa c’è in questo libro… Ci sono io, Pitagora di Samo, voce narrante. C’è la mia infanzia e i miei primi maestri. Ma c’è anche il ricordo delle mie… vite precedenti. Ci sono le mie avventure in Medio Oriente, in Egitto e a Babilonia. Ci sono i miei contrasti con il tiranno Policrate. C’è la mia scuola a Crotone con i miei mille allievi ‘amanti della conoscenza’. Ci sono le mie idee sulla musica, sulla matematica e sulla buona alimentazione. C’è il famoso teorema che porta il mio nome e la scoperta di un numero maledetto. E infine c’è un dizionarietto di termini… pitagorici.”

 

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Mercoledì, 28 Dicembre 2016 16:26

Archimede e le sue macchine da guerra

Il libro appartiene alla collana “Lampi di genio” di Editoriale Scienza che raccoglie le biografie di grandi scienziati, raccontate e illustrate da Luca Novelli. Tradotti in venti lingue, i testi sono diventati anche un programma televisivo, ideato, realizzato e condotto dallo stesso Luca Novelli per Rai Educational e trasmesso da Rai 3.

Ogni libro della collana ha la stessa struttura: i grandi scienziati raccontano la propria storia in maniera colloquiale, in forma di brevi capitoli illustrati, al termine dei quali c’è un piccolo box, come se si trattasse di una voce fuori campo, che focalizza la nostra attenzione su alcuni sviluppi importanti o piccoli approfondimenti.

Al termine del libro, un piccolo dizionarietto illustrato, per chiarire gli eventuali dubbi.

 

Che cosa c’è nel libro dedicato ad Archimede ce lo dice direttamente l’autore all’inizio:

“Che cosa c’è in questo libro… Ci sono io, Archimede di Siracusa, voce narrante. C’è la mia infanzia in una delle più belle città della Magna Grecia. Ci sono i miei viaggi di studio nella mitica Alessandria d’Egitto. Ci sono le mie famose scoperte di fisica e geometria. C’è la mia amicizia con re Gerone e la famosa storia della sua corona. E naturalmente ci sono… le mie incredibili macchine da guerra.”

 

La puntata di Rai Educational

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Martedì, 27 Dicembre 2016 18:13

Einstein genio senza confini

Tra le collane di EL, casa editrice specializzata in libri per ragazzi, spicca la collana “Grandissimi”, cui appartiene questo libretto. Sul sito della Casa Editrice questa è la descrizione della collana: “I grandi della Storia a portata di bambino. Storie di uomini e donne che hanno cambiato il mondo, ciascuno a modo proprio, con le proprie parole, le proprie invenzioni, le proprie scelte.” Da Giulio Cesare a Francesco d’Assisi, da Anne Frank fino a Einstein, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. La collana ha come età minima di lettura i sette anni.

 

Il libretto in questione è dedicato a Einstein e l’autore ci presenta i tratti salienti della sua vita. Splendido l’inizio, che non può che coinvolgere grandi e piccini, invitandoli a proseguire nella lettura: “Quand’era bambino, pensavano fosse un po’ scemo”. Il piccolo Einstein non prometteva certo ciò che poi ha realizzato! La passione per l’elettromagnetismo nata con la bussola, la passione per la musica con il violino che la madre gli regalò a sei anni, lo scontro con la disciplina al Ginnasio Luitpold, l’incontro con Max Talmey, studente di medicina che i genitori ospitano occasionalmente, che gli fornirà i primi libri da leggere e gli anni di Zurigo, “i più felici della sua vita”, dove incontra Michele Besso, Marcel Grossman e Mileva… non manca nulla in questo libretto che è un racconto dettagliato, ma semplificato della vita del grande scienziato. Ottima la descrizione che l’autore ci offre dei famosi articoli del 1905, decisamente alla portata di un qualsiasi bambino di otto anni: “Fu come se un atleta sconosciuto, nello stesso anno, avesse vinto la medaglia d’oro nel salto in lungo, nel nuoto e nella ginnastica ritmica, per poi stracciare gli avversari al torneo tennistico di Wimbledon e vincere, da solo, i mondiali di calcio.”

Le illustrazioni di Giuseppe Ferrario accompagnano la narrazione, aiutando la memoria a focalizzare l’attenzione sui fatti più importanti.

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Giovedì, 01 Dicembre 2016 14:40

Galileo Galilei esploratore del cielo

Tra le collane di EL, casa editrice specializzata in libri per ragazzi, spicca la collana “Grandissimi”, cui appartiene questo libretto. Sul sito della Casa Editrice questa è la descrizione della collana: “I grandi della Storia a portata di bambino. Storie di uomini e donne che hanno cambiato il mondo, ciascuno a modo proprio, con le proprie parole, le proprie invenzioni, le proprie scelte.” Da Giulio Cesare a Francesco d’Assisi, da Anne Frank fino a Einstein, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. La collana ha come età minima di lettura i sette anni.

 

Il libretto in questione è dedicato a Galileo Galilei, ma non è certo la tipica biografia: troviamo un Galileo ormai anziano, isolato e solitario dopo il processo dell’Inquisizione, amareggiato e triste. Baldo è un bambino come tanti e, inizialmente intimorito da Galilei, una volta che ha preso confidenza mostra tutta la propria curiosità e non ha paura di porre domande scomode al grande scienziato. Tutto comincia quando Baldo, inciampando in un tappeto, fa cadere a terra una mela e una fetta di pane. “Che cosa ha toccato terra per primo? Il pane o la mela?”. È l’inizio di un’amicizia particolare, con Galilei che guadagna un po’ di allegria grazie a Baldo e Baldo che può imparare cose nuove, conoscere attrezzi misteriosi come il cannocchiale e altre nuove “diavolerie” inventate da Galileo stesso. “Il mondo è come un libro aperto sotto i nostri occhi” dice Galilei a Baldo, mentre gli racconta i propri percorsi, le proprie difficoltà: “provare e riprovare, fino a che non si è ottenuto il meglio e non si è arrivati al fondo di ciò che si sta facendo”. A Baldo, Galilei racconta anche la propria vicenda con l’Inquisizione dopo la domanda innocente del bambino: “Perché, signore, voi siete tanto pericoloso?”.

Le illustrazioni e il linguaggio semplice sono il punto di forza di questo piccolo gioiello: non si è mai troppo giovani per conoscere Galileo Galilei e la “pericolosità” della scienza.

 

“Non bisogna avere paura di vedere le cose come sono.”

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Giovedì, 01 Dicembre 2016 14:22

Storia di pi greco

“C’è un numero che da anni mi perseguita. È una persecuzione dolce, che mi rende complice felice più che vittima indifesa, eppure quella presenza è continua, incombente, assillante.” Così esordisce Pietro Greco, che da quando aveva sei anni ha deciso di “seguire le vicende di questo numero fondamentale”. E quanto sia fondamentale, per la matematica ma non solo per lei, lo scopriamo, pagina dopo pagina, in questa breve storia della matematica, che comincia con i Babilonesi e si conclude con il pi-day, in un crescendo di sorprese e curiosità, visto che psembra essere davvero ovunque!

Archimede è il protagonista della prima metà del percorso, considerato che il primo capitolo si intitola “Prima di Archimede” e il quinto “Dopo Archimede”. Non potrebbe che essere così: Archimede, con il suo metodo di esaustione, ha anticipato il concetto di limite, proponendo quello che l’autore chiama un “metodo scientifico” per calcolare pe, senza altro strumento se non la sua mente, ha trovato un valore di questa costante estremamente preciso. Nella Grecia Antica tanti altri hanno legato il proprio nome a questa costante: basti considerare, per avere un’idea della sua importanza, i tre problemi dell’antichità, fra cui figura, appunto, la quadratura del cerchio oppure, citando i sempiterni “Elementi” di Euclide, il terzo postulato “dato un punto e un segmento è sempre possibile ottenere un cerchio”.

Con il sesto capitolo si torna in Europa, dopo la povera parentesi Romana e il lavoro intenso degli Indiani e degli Arabi, con Fibonacci e il suo “Practica geometriae”, pubblicato nel 1220. Nel XVI secolo, i tempi sono ormai maturi per ideare nuovi percorsi ed è il turno di Viète, con un metodo alternativo a quello di Archimede e, soprattutto, l’utilizzo di un’espressione analitica dove “vi fa capolino un assaggio di calcolo infinitesimale”. A questo punto, “la partita di caccia dei digit hunters è iniziata” e arriveremo alle 808 cifre decimali del 1948, senza l’utilizzo di alcuno strumento elettronico. Il calcolo infinitesimale di Newton e Leibnitz apre nuove porte anche a pe finalmente, nel 1706, i tempi sono maturi per dare un nome a questa costante: il nome viene proposto da William Jones, ma è la fama di Eulero che renderà universale la notazione tutt’ora in uso.

Pietro Greco ha setacciato tutta la storia della matematica, lo dimostrano le numerose citazioni di Kline e Boyer, alla ricerca del pi greco e questo dimostra come lo studio di p sia stato una presenza costante nel percorso di ogni matematico. La storia è rapida, Greco non ci risparmia i particolari, ma al tempo stesso il ritmo è incalzante. Il libro è semplice e alla portata di tutti, ma la leggerezza del testo non ci induca a considerarlo banale: la semplicità del percorso è una ricchezza e un invito a ulteriori approfondimenti. 

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Venerdì, 12 Agosto 2016 11:42

Caccia allo zero

Il primo incontro di Amir D. Aczel con i numeri è stato così folgorante da restare impresso nella sua memoria: aveva cinque anni e, durante una crociera sulla ss Theodor Herzi – capitanata dal padre – è stato accompagnato da Laci, steward del capitano, ma anche brillante matematico laureatosi all’Università di Mosca, al casinò di Montecarlo. Per Aczel i numeri sono magici: “Mi sono innamorato della loro magia, associandoli nella mia mente a qualcosa di affascinante e proibito” e questo incontro si rinnova anche al Partenone, con i numeri dei Greci che erano in realtà lettere dell’alfabeto, e a Pompei, con i numerali dei Romani. È proprio durante l’infanzia, grazie all’influenza di Laci, che Aczel decide di dedicare la propria vita alla ricerca di una risposta sull’origine dei numeri.

Nel 1972, dopo aver prestato il servizio obbligatorio nell’esercito di Israele, approfitta del passaggio offertogli dal mercantile capitanato dal padre, per raggiungere gli Stati Uniti: si appresta a diventare uno studente all’Università della California, a Berkeley ed è ancora Laci a parlargli di un archeologo francese che “potrebbe aver trovato qualcosa sui numeri in Asia, alcuni decenni or sono; qualcosa d’importante a proposito del numero zero.” Laci non ricorda i dettagli e Aczel sembra dimenticare questa storia per un po’. Nel 2008, la telefonata di Andrés Roemer, conduttore di spettacoli televisivi molto popolari, lo invita a parlare della teoria delle probabilità durante una conferenza internazionale: per Amir e la moglie, Debra, è l’occasione per visitare il Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. È qui che, dopo aver visto la Pietra del sole azteca, i due coniugi assistono alla proiezione di un video sulla matematica mesoamericana. Il sistema numerico dei Maya, sviluppatosi in completo isolamento rispetto al resto del mondo, riaccende la passione di Amir D. Aczel per la ricerca delle origini dello zero. È così che, nel 2009, approfondisce i propri studi in tal senso e comincia a progettare un viaggio in India.

Nel gennaio del 2011, Aczel incontra a Nuova Delhi Chandra Kant Raju, professore che sostiene che la matematica è nata in India, non nell’Antica Grecia: “Lo zero, il numero, e il nulla buddhista sono una cosa soltanto. Il nulla è un concetto filosofico profondo, ed è da lì che arriva il nostro zero.” Studiando gli scritti degli storici della scienza, Aczel si confronta con l’ipotesi di Moritz Cantor, secondo il quale i numeri hanno avuto origine in India e con l’aggressività di George Rusby Kaye, per il quale lo zero ha avuto origine in Europa.

Al rientro dall’India, Aczel si trova a un punto morto e, per superare l’impasse, la moglie lo invita a studiare altri sistemi numerici. Per caso, trova online la descrizione del matematico Bill Casselman, dell’Università della Columbia Britannica, che parla di uno zero ritrovato in Cambogia dall’archeologo francese George Cœdès, proprio il personaggio di cui aveva parlato Laci quarant’anni prima. Cœdès parla di una stele ritrovata in Cambogia, indicata come K-127, datata 683 d.C. e sulla quale compariva uno zero. Purtroppo, la stele sembra essere andata perduta: Aczel decide di ritrovarla e presenta una proposta di ricerca alla Alfred P. Sloan Foundation di New York per avere i fondi per i propri studi. All’inizio del 2013, Aczel è in Cambogia ed è grazie ad una serie di incontri fortunati e inaspettati che finalmente si trova al cospetto della stele: il proprietario della Galerie Mouhot di Bangkok, Eric Dieu, gli suggerisce il primo contatto, ma poi ci sono gli espatriati con i quali ha occasione di confrontarsi anche su questioni profonde, come Andy Brouwer, che gli fornisce il contatto di Rotanak Yang, il cui padre è il direttore della Angkor Conservation (dove troverà la stele), e Jean-Marc con il quale si trova a parlare proprio di filosofia della matematica. Per risolvere l’ultimo problema legato alla stele, Aczel incontra anche Hab Touch, un personaggio carismatico e molto preparato, che lavora per il Ministero della Cultura: il 9 aprile del 2013, si conclude l’avvincente ricerca di Aczel, grazie alla mail che gli conferma la collocazione della stele presso il Museo Nazionale della Cambogia a Phnom Penh.

 

Un libro che è il racconto di un percorso, sia esteriore che interiore: Aczel viaggia per il mondo alla ricerca dello zero, ma il viaggio avviene anche nella sua testa, visto che per una tale ricerca è necessario studiare e approfondire l’argomento. Leggere questo libro è avventurarsi nel percorso di Aczel, attraverso la storia della matematica, attraverso lo studio della filosofia orientale dove è nato il concetto di zero, attraverso gli incontri che l’autore ha fatto nell’ultima parte della sua vita. Colpisce, infatti, sapere che la ricerca dello zero si è conclusa nell’aprile del 2013 e l’autore è mancato un paio di anni dopo aver realizzato il suo sogno di trovare l’origine dei numeri.

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Domenica, 21 Giugno 2015 12:14

Il caso Eduard Einstein

TRAMA:

Nel 1930, il secondogenito di Albert Einstein e Mileva Marić, Eduard, fa il suo ingresso al Burghölzli, la clinica psichiatrica dell’Università di Zurigo. Nato il 28 luglio del 1910, Eduard aveva un’intelligenza geniale, ma anche molti comportamenti strani, fin dalla più tenera età, comportamenti che sfociano nel ricovero del 1930, dopo un episodio di violenza contro la madre: “Ci sono anche quelle voci che mi sussurrano all’orecchio parole che mamma non sente.” Eduard è schizofrenico e numerose sono le cure che vengono tentate per migliorarne le condizioni. Quando riceve la notizia del ricovero, Albert Einstein sta vivendo le persecuzioni naziste, tanto che nel maggio del 1933 decide di lasciare Berlino per fuggire in America. Prima di lasciare l’Europa, si ferma a Zurigo per vedere il figlio, che nel corso degli ultimi tre anni ha subito un ricovero dietro l’altro. Durante la breve visita, Albert e Eduard suonano insieme, ma l’incontro è comunque difficile: Albert chiede al figlio di seguirlo in America, ma il figlio mostra solo rabbia nei suoi confronti.

Nel 1935, Mileva tenta la cura dell’insulina del dottor Sakel e per un mese Eduard viene tenuto in coma, ma non ci sono grandi miglioramenti. Besso, il miglior amico di Einstein, è rimasto a Berna e tiene informato il padre dell’evoluzione della malattia. Vorrebbe che lo scienziato prendesse con sé il figlio e Albert prova a parlarne con i funzionari dell’immigrazione, ma non è possibile: solo ad Hans Albert è concesso di raggiungerlo.

Nel 1948, dopo un breve ricovero al Burghölzli a causa di un’ischemia, Mileva muore. Per Einstein è un momento di grande tristezza, mentre Eduard fatica a cogliere il senso di una simile notizia, ma anche se non ne è consapevole, ha perso i suoi punti di riferimento. Gli assegnano quindi una famiglia adottiva, sulle colline di Zurigo. Quando Carl Seelig, un giornalista, contatta Albert per diventarne il biografo ufficiale, gli chiede anche di incontrare Eduard e di poterne diventare il tutore. Lo incontrerà più volte e a lui Albert confiderà tutta la sua tristezza e la sua impotenza: “Si stupirà per il fatto che non intrattengo rapporti epistolari con Teddy. Dietro a questo, c’è qualcosa che non riesco ad analizzare del tutto. Bisogna però anche dire che temo di destare in lui sentimenti dolorosi, di diversa natura, per il solo fatto di farmi vivo con lui.” Per Einstein, Eduard resta un “problema senza soluzione”.

Albert muore a Princeton nel 1955, mentre Eduard conclude la sua esistenza al Burghölzli nel 1965.

 

COMMENTO:

Un romanzo corale, nel quale si alternano le voci di Albert Einstein, della prima moglie Mileva e del loro secondogenito, Eduard. Un romanzo intenso, come intensa è stata la vita di Eduard, con la malattia che ha compromesso la sua genialità.

Il ritratto di Einstein, con le sue luci e le sue ombre, che emerge da questo romanzo è un ritratto che non dimentica nulla: Einstein ha avuto il coraggio di combattere le ingiustizie del mondo, dal nazismo alla segregazione razziale contro i neri in America, facendosi persino accusare di comunismo dai media americani, ma non è mai stato in grado di andare a trovare il figlio, dopo averlo salutato nel 1933, al momento della sua partenza per l’America. Seksik, per certi aspetti, giustifica l’atteggiamento di Einstein, lo descrive come un padre che non ha saputo confrontarsi con la sofferenza di un figlio imperfetto, che lui stesso ha contribuito a mettere al mondo. È forse questa intensità ciò che colpisce di più nel romanzo: Einstein, ritratto in genere come l’uomo geniale, il grande scienziato che ha cambiato la nostra storia, è in questo libro soprattutto un padre, con la sua sofferenza e la sua umanità.

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